È una parola complessa, indigeribile. Quando c’è fame c’è poco di vita. Guardando le api non mi era mai successo di vederle affamate, deboli, incapaci di qualsiasi attività. Ma anche l’orto ha fame; fame di sole e di calore. Anche il gatto faraone ha fame di sole. Mi sa che anche noi abbiamo fame di sole. Sole che scalda l’anima e il corpo. Mentre penso a questa fame mi viene in mente la complessità di chi non ha proprio cibo. Sto pensando a chi vive a Gaza che aspetta un pacco da un camion, da cielo, dal mare, da qualunque parte possa arrivare, purché arrivi un pacco con del cibo. Fame è parola disumana per chi la vive sulla sua pelle. Io non ho mai vissuto questa esperienza della fame, i miei genitori me ne parlavano. E forse è per questo motivo che erano molto attenti a non sprecare niente. Abbino la parola complessa fame ad due altre parole: la prima è scandalo, la seconda è spreco. Oggi parto dallo scandalo. Un mondo così tecnologico, così avanzato produce livelli di fame che non si sono mai visti nella storia. Ho quasi l’impressione che il mondo ricco produce di proposito lo scandalo della fame, o perlomeno non fa niente o molto per evitarlo questo scandalo. Lo scandalo e lo sdegno nasce dal fatto che grazie alla tecnologia, questo tempo contemporaneo produce un sovrappiù capace di sfamare tutti, ed invece più di un miliardo di persone hanno fame. Uno dei temi per cui si può parlare di scandalo è il fatto di come vengono ridistribuite le risorse potremo trasportare cibo avanzato o prodotto da noi dall’altre parte del mondo, ma questo non basta. Oltre al fatto di capire in quali condizioni arriva questo cibo, è importante considerare come questa modalità non crea altro che una dipendenza: se non arriva l’aiuto umanitario io non ho cibo. La vera sfida è che ciascuno popolo possa produrre cibo da ridistribuire, ma il mercato globale questo non lo può permettere, perché perderebbe il primato nel commercio. Meglio inviare un aiuto umanitario che lasciar produrre cibo. Questo è lo scandalo. E meglio soprattutto portar via, depredare, e lasciare senza niente chi magari il suo cibo lo può avere. Scandalo nello scandalo.