Nella parola sacra sono sempre stato un protagonista. Un deserto da attraversare per 40 anni per arrivare alla terra promessa. Un deserto in cui il profeta Elia fugge lontano dal re; un deserto con cui tutti i profeti si sono cimentati, in particolare Osea che per riconquistare la sua amata la porta nel deserto. Gesù stesso si è cimentato come me: 40 giorni nel deserto. Io sono inospitale, non sono fatto per ospitare, sono fatto per transitare, per passare. Complesso impegnativo trovare acqua e cibo, più facile trovare la fine. Complesso trovare le piste su cui muoversi, meglio avere guide esperte. Più complesso ancora sostare, piantare la tenda, fermarsi per una notte. Sono quell’elemento che è meglio evitare. Ma ogni tanto l’uomo mi incontra. Vorrei essere pista agibile e ben segnata per il profugo che mi attraversa, ma troppe volte l’uomo che rende schiavo il profugo lo lascia alle mie mani ed io non posso farci molto. Sono anche cimitero di tanti camminatori in cerca di libertà e di vita. e questo mi spiace un sacco. E poi ci sono uomini e donne che vogliono entrare nel mondo nuovo, che cercano una terra nuova, entrano nel mio deserto per cercare una terra promessa. Qualcuno sceglie di entrare nel mio territorio inospitale. Son tutti coloro che si fanno cercatori di Altro e sperimentano la mia inospitalità per trovare la loro terra promessa. Sono i cercatori del divino e dell’umano che vivono la terra desertica come luogo di ricerca, di prova, di cammino verso. E poi ci sono uomini e donne che si ritrovano nel mio deserto inospitale perché la vita li ha condotti qui da me. mentre con chi mi ha scelto sono duro e severo, con chi si è ritrovato nella mia terra inospitale perché la drammaticità della vita li ha condotti qui, io cerco di essere dolce e mite. Faccio trovare una sorgente d’acqua, un po’ di cibo, una pista da seguire. Con loro ogni giorno prometto la terra promessa. A tutti io, il deserto, lascio queste parole: ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore.