Il titolo non dice bene quello che voglio dire. Semplicemente e spero in maniera un po’ più chiara del titolo, ritengo che dobbiamo imparare ad avere cura delle parole. Io sono uno che ritengo di aver abbastanza cura delle parole, poi so che le uso male quando devo scrivere e parlare e allora tutta la cura che metto nella lettura, nella conoscenza, nell’approfondimento delle parole mi sa che svanisce tutta e alla fine mi rimane poco tra le mani. Con le parole della parola sacra è diverso. quando le guardo, quando cerco di capirle, quando cerco di metterle nella mente e nel cuore, queste si lasciano anche modellare da me. So che non funziona così. Un rabbino un giorno scrisse così delle parole della bibbia: non sono io che devo interpretare la parola, ma è la parola che interpreta la mia vita. è proprio vero, la parola interpreta la mia vita. le parole della parola sacra, vicine o lontane, lasciano un segno dentro di me, creano relazioni buone, non provocano immediatamente un cambiamento, provocano un’adesione del cuore, della vita. trovo scritto riguardo alla parola. Lo ha scritto un sofista: Gorgia: “il logos, la parola, è un megas dunastes – un potente signore che, con un corpo piccolissimo e invisibile, compie imprese divine.” Straordinario: un potente signore con un corpo invisibile, eppure se questo potente signore con un corpo piccolo e invisibile è ascoltato e amato compie imprese divine in me. Così accosto le parole quotidiane della parola sacra, così mi prendo cura di loro, così mi lascio interpretare da loro. Forse anche per me vale l’idea che se a me che sembro un grande signore (così me la canto io) corrisponde un corpo piccolo e invisibile allora la parola crea relazioni buone.