Non ho particolari versetti dei salmi da proporre per questa breve riflessione. Ho invece un’idea in testa che ho messo insieme di questi tempi e che vi propongo. La prima luce che ho conosciuto è stata quella della nascita. Non me ne rendevo conto, ma senza quella luce non potevo nascere ed esistere. Poi ho conosciuto una seconda luce, che non è un’illuminazione, che è stata l’inizio della mia vita da prete. E poi tutte quelle luci che hanno illuminato questi anni di ricerca, di smontamento del religioso che era in me per cercare di stare in piedi di pura fede. Quando mi è sembrato di capire che avevo trovato la luce giusta ho fatto un’operazione sbagliata. Mi sono detto qui sono arrivato, questa è la luce giusta, ora basta. È come quando ti chiudi in camera e in quella camera metti tutto quello che puoi trovare per tenere viva una memoria, oggetti, ricordi, pensieri, quaderni scritti e tutto quello che sa di ricordo. Io non ho riempito la stanza di cose, ho riempito il cuore di legami, di ricordi e alla fine mi sono trovato come chiuso nelle mie certezze che sono diventate la mia fatica a vedere. Posso chiamarlo certezza della mia vita? forse sì. Ma era una certezza non legata alla fede, ma agli oggetti, pensieri e certezze che sembravano alimentare la mia fede. Non c’era fiducia nella luce, ma nella mia capacità o incapacità di stare in piedi da solo e così riempito di pensieri e cose mi sono trovato a non vedere più la luce prima. Ho iniziato allora un percorso a ritroso, cercando di buttare via tutto quello che non serviva per toccare la luce prima della fede pura. Ma qui mi sono accorto di due cose. Che gettar via tutto per tornare alla luce prima non è poi così facile, richiede anche una buona dose di coraggio e anche di dolore. Svuotare la camera del mio cuore non è facile. E poi c’è una seconda questione: anche a riuscire a buttare via tutto mi accorgo che se guardo fuori dal mio cuore non c’è la luce prima della fede pura, c’è la tenebra, c’è un cammino nuovo da affrontare, c’è un nuovo deserto verso una luce che è sempre quella, ma che si manifesta sempre in modo nuovo. allora ci vuole coraggio per riaffrontare il nuovo viaggio. Forse prima di tante cose da fare devo vedere bene questo nuovo cammino che è veramente nuovo, ma che se non sto attento lo riempio di cose antiche.
Leggendo il tuo commento ho ricordato una predica di qualche anno fa. Diceva che noi siamo una luce riflessa e che anche nel più piccolo pezzo di vetro rotto si può riflettere l’intero cielo. A me piace pensare di dover tenere questo pezzetto, il mio cuore, pulito per poter far risplendere una luce più viva. A volte le tante cose della vita possono far depositare polvere e spingerci ad ignorare quello che c è sotto. Allora ben venga qualunque cosa, uno scossone, un’emozione, una spinta, un vento nuovo che la spazzi via e che ci aiuti a vedere di nuovo il riflesso brillare.