Ho scoperto, leggendo un articolo, che la fine di un processo, di un percorso come quello di tanti istituti e congregazioni religiosi e religiose si chiama compimento. Cioè è arrivato al compimento di un percorso ed ora finisce. L’articolo fa anche tutta una serie di considerazioni sul come, sul perché, sul futuro, ma non è questo l’oggetto della mia riflessione. Lascio ad altri esperti del problema di riflettere su questo compimento, su questa fine. Non sono competente abbastanza e quindi mi limito a registrare la questione, il compimento appunto delle congregazioni religiose, o almeno di tante. Dal mio osservatorio che è il mio orto posso guardare questo tema, questa parola compimento da due punti di vista. Ne parlavo proprio oggi con una persona. Compimento inteso come fine. Fine di un tempo. I cambiamenti climatici ci dicono che anche per quel pezzetto di terra come quella di Rosciano è arrivato il tempo del compimento. Non tanto della fine di un orto, ma di un modo di pensare l’orto. È il modo che io ho appreso negli anni e che oggi non funziona più. faccio un esempio. La questione della poca acqua o della troppa acqua ci costringe ad inventare modi nuovi per tenere il terreno umido e produttivo. I modi di prima sono arrivati al compimento. Ma compimento lo vedo anche al contrario. Lo vedo come dare compimento, inizio ad un nuovo modo di lavorare madre terra. il compimento di un inizio. Si sta compiendo un nuovo inizio. Si sta compiendo una terra nuova. Non solo c’è una fine, ma si compie un nuovo inizio che è tutto da scoprire e da inventare. E a me piace dare compimento ad un’idea per dare compimento ad un nuovo inizio. Arrivo alla chiesa. Si è al compimento di un modo di essere e di vivere la chiesa? Per me sì. Ma possiamo dare compimento ad un inizio nuovo tutto da inventare, tutto da costruire tutto da sognare come comunità. Un compimento di una storia, per dare compimento ad un’altra storia.