Questa descrizione vale più o meno anche per l’aglio e lo scalogno. Siamo ormai vicina alla raccolta delle cipolle. Hanno un lungo stelo, qualcuna ha messo anche il fiore. Ci sono diverse teorie circa la semina della cipolla. Chi lo fa in autunno perché dicono che la pianta non gela. E c’è chi lo fa in primavera perché così siamo sicuri che non gela proprio. Io preferisco la primavera. Sono in genere uno che lascia riposare l’orto. E qui faccio la mia prima considerazione. Vorrei imparare a rispettare il tempo del riposo. Quello dell’orto, quello della vita, quello del creato. Ed invece dopo il covid tutto sta riprendendo il ritmo di prima. Ma non soltanto sono accelerati i tempi, ma non vengono rispettati i ritmi naturali. Notte, giorno, inverno, primavera, estate, autunno. In nome del produrre si stravolgono i ritmi naturali e stagionali, che sono ritmi vitali. Quando guardo lo stelo lunghissimo della cipolla, mi dico: siccome quello che mi interessa è sotto la terra, questo non mi serve, lo posso tagliare. Anche qui una distorsione; a parte il fatto che serve e non è vero che è inutile, la distorsione sta nel pensare che è solo quello che ritengo utile che tengo, il resto siccome per me è inutile lo butto. Quante cose di me le ritengo inutili e le vorrei buttare! Ed invece la vita mi chiede di tenere tutto, di non buttare via niente, altro che cercare l’essenziale. La storia della mia vita ha messo in un hard disk di non so quanti mega giga tutto, ed ogni tanto salta fuori qualcosa nella mia memoria. La vita della cipolla è in parte alla luce del sole dal quale prende energia e poi vi è quella parte che è sotto la terra. Bellissima questa cosa: sapere che prendi vita dal sole, dalla luce, ma che questa va ad illuminare e nutrire la mia vita interiore. Io ricevo luce da colui che è la Luce per eccellenza che è Dio Padre e questa luce nutre il mio corpo, la mia persona, il mio cuore. Non sono la luce, ma ricevo la luce come dono. Sappiamo bene che la cipolla è fatta di tanti strati. Ogni strato un po’ di vita. Se penso alla mia storia mi rendo conto di come ho accumulato strati di storia, di vita, di gioia, di dolore e di delusioni, di promesse fatte e mancate. E sono tutte lì. Ogni strato che tolgo mi ricorda chi sono, mi ricorda la mia storia e così arrivo al cuore della mia vicenda. Il chi sono io e che cosa voglio essere. Penso che la cipolla soffra un poco quando togliamo strato su strato, e così io soffro di più di una cipolla quando mi tolgo gli strati di vita per capire chi sono. Ma se voglio arrivare al cuore della vita devono spogliarmi di tutti gli strati inutili. Devo guardare il cuore delle mie ferite. So bene che non verranno cancellate, eliminate per sempre, ma sono che posso guardare questi strati della mia storia. La cipolla mi sembra di un carattere un po’ schivo, messa nell’orto cresce senza grandi pretese. Un po’ di acqua è sufficiente, una zappata ogni tanto basta. uno schivo non ha bisogno di tante attenzioni, esiste e basta. oppure anche la buona cipolla schiva ha bisogno di attenzioni? E chi è schivo di natura non è che sta dicendo: ogni tanto ricordati di me?