Alla fine di qualcosa anche la comunità si deve occupare. Cosa voglio dire? Mi sembra interessante capire quali son gli argomenti, le proposte, le sensibilità che si devono tenere presente. È chiaro che vale sempre il discorso di una comunità che è aperta, che interseca percorsi e proposte con il mondo fuori di sé. È chiaro anche che tutte queste questioni devono nascere dal basso e poi essere via via condivise con tutta la comunità. Non smentisco niente di tutto quello che ho scritto in precedenza. Quello che sto per scrivere è forse la mia proposta che nasce dal basso. Non è un programma per il futuro. Diciamo che è la mia sensibilità, sono le mie attenzioni che nascono guardando questo mondo. Le posso mettere in fila così: una prima attenzione è quella di sviluppare una capacità, un metodo che permette di far partecipare effettivamente alla vita di comunità e non di essere o solo pensatori o solo esecutori. Chiamiamolo un metodo di partecipazione che nasce dall’ascolto. Poi ritengo importante che la comunità apra spazi di pensiero e di ascolto sui temi del creato o dell’ambiente, della giustizia, del lavoro, dell’economia, delle fragilità. La fede può essere uno di questi spazi e argomenti di riflessione, a patto che non si finisca con il fare l’insegnamento della fede in maniera didattica e cattedratica. In una comunità questa condivisione della fede deve essere fatta semplicemente come un dialogo, una condivisione. Questi mi sembrano gli argomenti su cui la comunità oggi è chiamata a ragionare e ad agire. Voi mi direte niente di nuovo e qualcuno mi dirà manca la scuola, l’educazione, la famiglia. è vero non c’è niente di nuovo, e chissà di quante altre cose si può ragionare e fare in comunità. Forse al termine di questa breve riflessione mi rendo conto che il vero tema non è di che cosa parliamo, ma di come parliamo. Allora la vera proposta diventa saper utilizzare un metodo che fa partecipare tutti, un metodo di partecipazione democratica.