Programmo un lavoro, incontro una persona, faccio lavoro di rete, poi faccio ancora un altro incontro, parlo con un ragazzo, compilo dei documenti, per quel progetto servono un determinato numero di persone, poi c’è quell’altra cosa da sistemare e via dicendo cosi per tutto il giorno e forse per tanti giorni. Non voglio mettere in evidenza le tante cose da fare, non voglio nemmeno parlare delle mille preoccupazioni quotidiane e nemmeno di quante cose non riesco a fare. voglio solo che siamo dentro una complessità di intrecci che non finiscono mai e se ne perdi qualcuno per strada di tutti questi collegamenti sono perso io. È un intreccio complesso quello che vivo e che viviamo tutti i giorni. E sono contento di questo intrecciarsi di cose, di persone, di idee, di sogni e di progetti. Mi tiene vivo tutta questa complessità. Ma in tutto questo vi è un rischio o meglio un pericolo. e insieme anche un’opportunità vera, bella. Il rischio è quello di intrecciarsi in tanti mondi diversi e di tante persone, ma di non essere mai squadra che lavora insieme. È come nel campo di calcio; si sta in campo, si lancia il pallone al compagno, ma non vinci mai perché non è una squadra ma un insieme di persone che non sanno giocare insieme. Solitari campioni che si intrecciano in un campo di calcio e che aspettano la giocata del fuoriclasse per vincere. La complessità non va bene quando non è una squadra, ma uomini solitari che non sanno lavorare insieme e che aspettano il leader da seguire. Oppure la complessità può diventare risorsa quando diventa vera squadra, quando fa gioco di squadra, quando non c’è un leader, ma un gruppo, un popolo. Quando si è squadra si può affrontare tutta la complessità che ci può cadere addosso. La complessità dell’esistenza non la possiamo eliminare, ma possiamo fare squadra per farla diventare una risorsa vincente. La complessità non come problema, ma come risorsa perché siamo diventati squadra vera, popolo che cammina insieme.