Ci ho pensato su tanto prima di iniziare queste riflessioni e alla fine mi sono deciso. Vorrei fare una carrellata di personaggi biblici. Così senza entrare nelle questioni più tecniche del testo biblico, ma come dice il libro del Siracide: facciamo l’elogio degli uomini illustri, dei padri nostri nelle loro generazioni. (Sir 40,1). Non sarà ne una lettura laica, ne una religiosa, ma sarà la mia lettura. E siccome sono sempre in ricerca sarà una lettura in ricerca. Questa lettura rimarrà fedele al testo, ma avrà un po’ uno sguardo che nasce dalle mie brevi e povere meditazioni. Parto da Abramo. Abramo e l’ordine del Signore: vattene dalla casa, dalla terra. Non c’è un dito di Dio che scrive qualcosa, una nube che guida nel deserto un popolo, uno spirito che suggerisce la rotta di questo andare. Abramo non ha nulla di tutto questo. Ha solo una terra davanti a sé, un cammino, un deserto da attraversare per arrivare alla terra promessa, senza saper bene dove è questa terra promessa. Il comando è chiaro, secco, vattene, ma è altrettanta secca, immediata la risposta: eccomi. Abramo è pronto. Niente da dire sulla sua prontezza. Sembra che non ci pensi molto. Si parte. Chissà per quanto tempo ha scrutato dalla sua città Ur dei Caldei l’orizzonte che andava oltre il deserto. Eccomi è un atto creativo, che mette in gioco, o meglio che rigioca la vita e quando si rimette in gioco la vita si parte verso l’ignoto. Mi piace questo Abramo che rimette in gioco la vita, che parte. Rimetterà in gioco il suo lavoro e diventerà ricco del suo lavoro. Rimetterà in gioco la sua opera, cioè troverà un modo nuovo di dare forma al mondo che lo circonda. Rimetterà in gioco la sua azione che sarà sempre protesa alla ricerca della terra e del figlio. E troverà un Dio nuovo e diverso, non più gli idoli conosciuti ad Ur dei Caldei, quelli che forse gli avevano insegnato i suoi antenati. Troverà il Dio unico che sarà il Dio della promessa. La promessa della terra e del figlio. Una generazione numerosa come le stelle del cielo e una terra dove scorre latte e miele. Terra e figlio non saranno mai sua proprietà. Abramo non ha nulla di sua proprietà, non un pezzo di terra, non una casa. Avrà tante tende per muoversi continuamente e solo una grotta per seppellire la moglie e poi lui stesso. Niente di più; e nemmeno il figlio Isacco sarà sua proprietà, ma solo dono di Dio, regalo per lui e la moglie Sara in età avanzata. Mi piace questo Abramo camminatore, alla ricerca di terra e figlio o meglio di una generazione a cui consegnare la sua eredità. Mi piace questo Abramo cercatore di un unico Dio a cui consegnare la vita e il cuore. Nella tradizione ebraica quel vattene assume un altro significato: vattene, entra nel profondo del tuo cuore. Fai quel viaggio che ti permette di fare il grande passaggio della tua vita, di entrare in un mondo nuovo: il mondo in cui tu trovi stesso e trovando te stesso ritrovi tutto, Dio gli altri, il mondo. Vai a te stesso, così possiamo anche tradurre quel vattene dalla tua terra. Abramo cercatore di Dio nel profondo del suo cuore e di una terra dall’orizzonte infinito.