Giobbe 6,1-14
1 Giobbe prese a dire: «Se ben si pesasse la mia angoscia
e sulla stessa bilancia si ponesse la mia sventura,
3certo sarebbe più pesante della sabbia del mare!
Per questo le mie parole sono così avventate,
4perché le saette dell’Onnipotente mi stanno infitte,
sicché il mio spirito ne beve il veleno
e i terrori di Dio mi si schierano contro!
5Raglia forse l’asino selvatico con l’erba davanti
o muggisce il bue sopra il suo foraggio?
6Si mangia forse un cibo insipido, senza sale?
O che gusto c’è nel succo di malva?
7Ciò che io ricusavo di toccare
ora è il mio cibo nauseante!
8Oh, mi accadesse quello che invoco
e Dio mi concedesse quello che spero!
9Volesse Dio schiacciarmi,
stendere la mano e sopprimermi!
10Questo sarebbe il mio conforto,
e io gioirei, pur nell’angoscia senza pietà,
perché non ho rinnegato i decreti del Santo.
11Qual è la mia forza, perché io possa aspettare,
o qual è la mia fine, perché io debba pazientare?
12La mia forza è forse quella dei macigni?
E la mia carne è forse di bronzo?
13Nulla c’è in me che mi sia di aiuto?
Ogni successo mi è precluso? 14A chi è sfinito dal dolore è dovuto l’affetto degli amici,
anche se ha abbandonato il timore di Dio.
Commento
Ed ecco la prima risposta di Giobbe all’amico Elifaz. La prima risposta di Giobbe è come un lamento. Dice infatti all’amico: tu parli bene ma io sto male, soffro. La reazione di Giobbe è come quella di un animale affamato. Egli grida, si lamenta, si contorce nel suo dolore. Non può essere razionale la reazione di Giobbe di fronte al dolore, come non lo è di nessun uomo. Il dolore ci rende per così dire irrazionali. Addirittura Giobbe ha perso il gusto di vivere, ha perso la voglia di esistere, aspetta solo la morte. Voi capite bene che Giobbe che si trova in questa situazione non gradisce per niente le parole dell’amico che tenta di dare una spiegazione al suo dolore. Giobbe ci tiene anche a dire che non gli risulta di essere colpevole in qualche modo. Se adesso finalmente morisse, in questo modo sarebbe sancita definitivamente la sua innocenza e non andrebbe incontro ad altre eventualità dolorose. Giobbe sembra gridare così: dove trovo la forza per andare avanti, dove trovo il coraggio per insistere nella vita. a noi verrebbe subito da dire: nella fede. Ma Giobbe non riesce in questo momento a dire che la fede può aiutarlo a superare la sua fatica. Egli ha qualcosa da dire anche agli amici: io da voi non mi aspettavo una predica, ma consolazione, non mi aspettavo parole serie, ma vicinanza. Credo che questo è il percorso “normale” di chi è nel dolore.
Preghiamo
Questa è la settimana contro lo spreco alimentare, preghiamo perché l’uomo possa imparare a non sprecare.
Il dolore di Giobbe, come il dolore di molte persone, a volte è insopportabile. Si chiede a Dio che tutto possa finire presto, si desidera la morte purché tutto abbia fine. Il dolore poi incontra il giudizio di un amico, e questo è ancora più intollerabile! Che se ne fa, uno che sta male, di qualcosa che lo dà stare peggio? A volte la nostra insensibilità, la nostra indelicatezza è crudele! Perdonaci, amico che soffri. Persona Signore l’arroganza del sano, metti del cuore di ciascuno il silenzio, la comprensione, la cura compassionevole, senza giudizio. Mettici un pizzico della sapienza che tace…
Preghiamo per tutti gli amici e i conoscenti ammalati e bisognosi.
Giob e in questo momento non puo’avere tanta fede un pizzico di esperienza a questo proposito sento di averne come tanti del resto che si trovano nei controsensi della vita… Poi il Signore a suo tempo arriva, ma i tempi spesso non son brevi.. Mi unisco all’interazione di oggi