Ci sono dei ragazzi che arrivano qui e ci mettono una gran voglia di fare per far vedere che sanno fare delle cose buone. Ce ne sono altri che arrivano un po’ per obbligo e quindi non hanno la stessa carica di volontà. E poi ci sono quelli che arrivano e non sanno bene perché sono qui. Poi ci sono tutti i nostri figli e anche loro a volte fanno fatica a capire dove stanno andando. E noi adulti? Ci barcameniamo tra certezze e fatiche quotidiane. Non avendo un Fedez di turno che passa con la sua Lamborghini a donare soldi, non suoi, ma raccolti dalle sue campagne di beneficienza, dobbiamo arrangiarci a far tornare ogni giorno i conti, quelle economici, quelli educativi, quelli relazionali e chissà di quale altro tipo ancora. Quando guardo i miei ragazzi mi dico: in fin dei conti qui si trovano abbastanza bene e poi? E poi cosa succederà quando la vita gli arriverà addosso con tutte le sue richieste? Non è che qui stiamo costruendo un mondo che non li aiuterà nel futuro? intanto comunque qui ci stanno bene; in quel tempo che stanno con noi non abbiamo la pretesa di cambiare chissà che cosa. Vogliamo voler bene a loro e accompagnarli in un tratto di strada. Certo la domanda sul futuro è aperta, incerta, una vera incognita, oserei dire un vero mistero. Ieri abbiamo visto come la fiducia è una di quelle parole che formano l’alfabeto della testimonianza. Oggi credo ne possiamo ad aggiungere un’altra: la speranza. Testimoni della speranza. Per quei ragazzi che vedo ogni giorno nel loro futuro incerto, io, per quel piccolo tratto di strada che percorro con loro, devo essere testimone di una speranza. Vedo la speranza come il tentativo di sognare e realizzare il futuro di ciascuno di noi. Per me è testimoniare la speranza quando vedo che uno dei miei ragazzi di solito sempre ombroso, di poche parole a tavola riesce a parlare e sorride, anzi ride. Per me è testimoniare la speranza quando vedo che una persona arriva e mi chiede di che cosa avete bisogno, dove il bisogno non sono soldi, ma aiuto, vicinanza, presenza. Per è me testimoniare la speranza quando vedo che lo sforzo di far arrivare un passaporto produce il suo effetto e Mounir è felice, perché ora ha in mano il suo documento che gli è stato rubato in Libia e finalmente nessuno gli potrà dire clandestino (per me non lo è mai stato!!). Credo che costruire il futuro nuovo vuol dire testimoniare la speranza, cioè aprire sentieri vitali che tutti in qualche modo possono percorrere. Non c’è nessuno che deve rimanere indietro. I nostri ragazzi quando chiuderanno con noi non si perderanno per l’ennesima volta se troveranno dei testimoni della speranza, magari che offriranno piccole occasioni per vivere. Così sarà per le nostre famiglie. Se troveranno, non delle prediche moralistiche che dicono che cosa è giusto e che cosa è sbagliato, ma luoghi e persone che sono in grado di raccogliere le loro storie, testimoniando la speranza e non chiedendo impegni ulteriori, allora potremo andare avanti ancora un pezzo nella narrazione della storia degli uomini e delle donne. Testimoniare la speranza è l’impegno del futuro, testimoniare la speranza non è solo essere ottimisti, del tipo andrà tutto bene, ma è offrire parole, spazi di incontro. È offrire un’economia non del profitto, ma della comunione. È offrire una politica del bene comune e non degli interessi di qualcuno. È offrire una religione che non si ferma al rito, ma arriva ad ascoltare le ferite del mondo e ad asciugarle come il buon samaritano della parabola narrata da Gesù.
Grazie don.
I “figli” hai detto.
Tu (un po’ anche noi) li vedi crescere perché poi possano camminare da soli.
Nella speranza, fattiva e concreta, che trovino la loro strada, accompagnati dal tuo sguardo apprensivo e affettuoso.
Grazie.
molto apprensivo
Chiediamo che la speranza sia all’insegna del nostro vivere cosi da trasmettere i valori