Concludo il capitolo giovani. Conoscevo una cascina che aveva un bellissimo nome, dato dai proprietari di Bergamo, penso almeno 100 anni fa. In nome del nuovo che avanza gli è stato cambiato il nome, un nome rivoluzionario ma che non ha più radici, che ha come perso la memoria. Un nome che non rende più ragione di quello che era in origine. Conosco una famiglia che ha dei giovani figli intraprendenti che sono lanciati verso il futuro tecnologico e informatico o roba simile. Non so bene di che cosa si tratta. Ma anche loro hanno cancellato un passato. Per loro c’è soltanto il futuro. il passato è solo quel passaggio che ha permesso di arrivare ad oggi e di rilanciare il futuro. Ieri è stato assegnato il premio nobel per la letteratura alla poetessa Louise Gluk, ho trovato questi bellissimi versi: Chi può parlare di futuro? Nessuno sa nulla del futuro, nemmeno i pianeti lo sanno. Ma le principesse dovranno viverci. Che triste giornata è diventata la giornata. Fuori dall’auto, le mucche e i pascoli si allontanano; sembrano calmi, ma la calma non è la verità. La disperazione è la verità. Questo è ciò che sanno mamma e papà. Ogni speranza è persa. Dobbiamo tornare dove si era perso se vogliamo ritrovarlo. Consegno ai giovani solo questa parola: tenete salda la memoria, lanciatevi verso il futuro, ma radicatevi in una storia. Di questi tempi dobbiamo tornare dove ci siamo persi se vogliamo ritrovarci. Ritrovare il tempo, lo spazio, la casa, l’amore. Forse anche Dio. Il vostro viaggio giovani non è solo in avanti, sul futuro, ma anche indietro, nella memoria. Amo tantissimo Etty Hillesum. Per lei il viaggio della memoria è il viaggio delle sue lettere e del suo diario attraverso il quale fa come un percorso a ritroso fino nel profondo di se stessa. Tutto quello che lei vede è un’occasione per cercare se stessa, non butta via niente della sua vita e della vita terribile che vede nei campi di sterminio. E’ un percorso determinato, instancabile, drammatico, non una linea retta, ma sghemba, un procedere con alti e bassi in una direzione chiara, un andare verso il proprio io, una scoperta entusiasmante. Fino a dire che “non sono i fatti che contano nella vita, ma ciò che grazie ai fatti si diventa”. Questa è la memoria che Etty Hillesum ci propone di ritrovare, la memoria come lavoro su di sé. Per questo con lei si può dire ciò che ha scritto il 10 luglio 1942: “Una volta è un Hitler; un’altra è Ivan il Terribile, per quanto mi riguarda; in un caso è la rassegnazione, in un altro sono le guerre, o la peste e i terremoti e la carestia. Quel che conta in definitiva è come si porta, sopporta, e risolve il dolore, e se si riesce a mantenere intatto un pezzetto della propria anima”. Cari giovani conservate la memoria per portare, sopportare e risolvere il proprio dolore e il dolore del mondo, mantenendo intatta l’anima.