Vorrei fare un tentativo di scrivere qualcosa di un dicembre che ci porta diritti al natale, al termine di un anno, al nuovo anno. Non voglio scadere nella retorica, che già a scriverla questa frase è retorica. E allora diciamola così: non voglio scadere nel solito pensiero che magari arriverà anche, ma che prendo alla larga. Mi lascio guidare da quanto sento dentro e che in qualche modo anima la mia vita di questi tempi. È un modo migliore che partire dai soliti argomenti, poi magari andrò a recuperare il solito pensiero. Ma intanto vediamo che cosa mi suggerisce il cuore. Non è un dicembre freddo, almeno così arriva alla mia pelle. Il freddo che provo è dovuto ad altri motivi. No, decisamente non fa un gran freddo. Dicono che andremo sempre di più verso inverni miti. Non è nemmeno un dicembre che offre chissà quali eventi particolari. Di fatto li sto schivando tutti gli eventi particolari, sia perché non ho tempo, sia perché non è voglia. È un dicembre fatto di mille cose che mi stancano all’infinito, ma che fanno parte del mio quotidiano. Già il non sbagliare un appuntamento, un orario delle messe, un incontro è già una belle impresa. Una stanchezza quotidiana diciamola così. Ma allora se non è tutto questo che dicembre è? Ho intravisto quest’anno più nebbia o foschia del solito e collego tutto questo ad un versetto di un salmo della bibbia che dice così: non mi resta neppure la luce degli occhi (salmo 38, 11). Siccome la cosa mi colpisce molto ne cerco anche una versione diversa per capire se è proprio così. La prendo dal breviario di Bose che dice: viene meno la luce degli occhi. Insisto in questa ricerca perché mi sembra troppo ed ecco al versione di Turoldo che conferma: Anche la luce va via dagli occhi. Bene, che dicembre è per me? Eccolo .. si il mio dicembre è così: ho bisogno di luce, di tanta luce che arriverà ne sono certo. Dentro di me è così: un dicembre nebbioso che ha bisogno di luce divina.
E di una giocata! Il gioco nella sua semplicità porta gioia e con essa luce. Ti aspetto