2 Cor. 1,23-2,4
1,23 Ora io chiamo Dio come testimone sulla mia vita che è per risparmiarvi che non sono più venuto a Corinto. 24 Noi non signoreggiamo sulla vostra fede, ma siamo collaboratori della vostra gioia, perché nella fede già state saldi. 2,1 Avevo infatti deciso in me stesso di non venire a rattristarvi una seconda volta. 2 Perché, se io vi rattristo, chi mi rallegrerà se non colui che sarà stato da me rattristato? 3 Vi ho scritto a quel modo affinché, al mio arrivo, io non abbia tristezza da coloro dai quali dovrei avere gioia; avendo fiducia, riguardo a voi tutti, che la mia gioia è la gioia di tutti voi. 4 Poiché vi ho scritto in grande afflizione e in angoscia di cuore con molte lacrime, non già per rattristarvi, ma per farvi conoscere l’amore grandissimo che ho per voi.
Commento
Paolo spiega perché non è ancora andato a Corinto a fare visita a quella comunità. Si scopre così che non ha fatto questo viaggio non perché non voleva incontrare la comunità, ma per motivi di discrezione, per non dover prendere misure severe contro chi nella comunità si è messo contro la sua persona. La sua persona, la sua attività, il suo annuncio del vangelo non sono fatti per mettere in atto motivi disciplinari contro qualcuno, ma per dare speranza a chi fa più fatica. Il suo ministero, il suo compito è far fiorire la vita cristiana e non invece condannare e giudicare. Così si presenta Paolo, come colui che dona speranza. Paolo sostiene che a torto lo accusano di essere “tiranno” dei credenti. Il suo compito consiste nel collaborare, perché i Corinzi vivano nella gioia. Non hanno bisogno di tutori. Nella sfera della fede essi godono di una legittima autonomia. Anche questo mi sembra un tema importante: quello dell’apostolo che valorizza i suoi collaboratori, che offre a ciascuno la possibilità di una crescita dentro la comunità. Questo mi sembra un tema che è di grande attualità anche oggi. Far crescere i tanti collaboratori valorizzando i doni di ciascuno.
Preghiamo
Preghiamo per Massimo e la sua famiglia