Intanto che aspetto le altre lettere dei giovani, sempre leggendo sul giornale, trovo casualmente una risposta di uno su di età a queste lettere e allora eccone alcuni pezzi con il mio commento. Interessante come prima cosa le definizioni. Se le parole hanno un significato ben preciso allora queste due parole offrono una prospettiva. Una di queste parola la conosco bene perché me lo dicono sempre: la parola è boomer, traduco velocemente con anziano, di un’altra generazione, della generazione del boom economico che ormai è finito. Siamo insomma una generazione che vive un tempo che abbiamo vissuto e che ora non c’è più. l’altra parola è zoomer. Gli zoomer sono i ragazzi nati tra il 1996 e il 2010. Nativi digitali, attenti all’ambiente, ai diritti e all’inclusione sociale, hanno trascorso gli ultimi anni in gran parte chiusi in casa a causa della pandemia, seguendo le lezioni a distanza. Anche da questo aspetto deriva il termine che li definisce, da zoom la piattaforma che utilizzavano e utilizzano per comunicare. Possiamo dire che siamo boomer contro zoomer? Per certi versi sì. Ma ecco che cosa dice la lettera di cui vi accennavo all’inizio. Ecco il botta e risposta tra un bumer e uno zoomer. Ecco il giovane: «Anche i vecchi sono stati giovani, ma sembra che a una certa età resettino la memoria di quel tempo, di quando avevano l’energia per attraversare il mondo e migliorarlo nei fatti. Sembra che avere sogni, creatività, competenze fresche e al passo con i tempi non serva a nulla senza esperienza. Ma allo stesso tempo nessuno ci dà la possibilità di acquisirla, questa esperienza. Sembra che ai vecchi piaccia ipotecare il futuro come una proprietà privata alla quale non ci è permesso accedere. Ma appartiene anche a noi». Ed ecco l’anziano: «Quelle poche volte in cui le nostre voci si incrociano, a casa, a scuola o in TV, voi guardate altrove, scocciati, sperando che la tortura finisca il prima possibile. Forse non sapremo mai se proprio non ci avete mai ascoltati e mai ci ascolterete, o se semplicemente non vi interessa quello che diciamo. Ascoltarci, per voi, dovrebbe essere un privilegio. Ancora non ve ne accorgete, ma l’esperienza che si matura con gli anni è l’unico vero sapere che può fare la differenza».