Oggi parto subito con alcune nuove norme che riguardano i migranti, soprattutto per i minori. E poi cerco di fare un piccolo commento. Siamo sempre in quella logica di una legge che cerca di pensare solo alla sicurezza che però diventa solo punizione. Eccole alcune di queste norme. per chi si trova in un centro “di trattenimento ed accoglienza” per richiedenti asilo e dunque senza aver commesso reati ma perché sta fuggendo da una guerra o da una persecuzione, se protesta in modo non violento per il degrado in cui è costretto a vivere o per un grave pericolo rischia anche lui fino ad otto anni di carcere. Chi è senza casa e occupa un appartamento vuoto rischierà fino a sette anni di carcere. questa norma vale per tutti. Uno straniero extracomunitario non in regola con il permesso di soggiorno non potrà più comprare una scheda telefonica. Minori non accompagnati che arrivano in Italia dopo viaggi drammatici non potranno quindi avvisare i familiari del loro arrivo, persone che vogliono ricongiungersi a parenti nel nord Europa non potranno usare Google Maps. Facile, inoltre, che cerchino illegalmente di procurarsi una scheda telefonica. Queste sono alcune delle norme che sono state approvate. Al di là delle questioni di costituzionalità o meno di tali norme la mia riflessione va in questa direzione. Una legge che percuote e castiga continuamente la vita e che non fa altro che sanzionare l’errore, l’offesa, lo sbaglio, il reato, annienta nella persona ogni desiderio di ricominciare, ogni possibile capacità di riprendere in mano la vita e di capire che si può rinascere. La dove c’è soltanto una punizione, una legge punitiva, la persona non trova nessuna motivazione per ripartire nella sua vita. una legge che rimprovera, che punisce costantemente la persona e il suo desiderio di vita alla fine porta la persona ad identificarsi con una colpa che sembra ineliminabile. Questo mi sembra il tema più grande e impegnativo. Forse serve una legge che aiuta a riconoscere l’errore, ma che contemporaneamente aiuta a ricostruire la vita in un atto non punitivo, ma riparativo.