Una pagina quasi bianca di un giorno non cambia molto le prospettive, ma può aiutarmi a rimettere a fuoco almeno una questione. Quella del silenzio interiore che mi permette di ascoltare e almeno di rendermi conto che qualcosa posso fare, posso mettermi o rimettermi in movimento. Che poi alla fine sono sempre in movimento, forse troppo. C’è come una cella interiore che devo imparare a curare, che devo ascoltare perché come dice sant’Agostino: Tardi ti amai, bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai! Sì, perché tu eri dentro di me e io fuori. Lì ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature. Eri con me, e non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, inesistenti se non esistessero in te. Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza, e respirai e anelo verso di te, gustai e ho fame e sete; mi toccasti, e arsi dal desiderio della tua pace – Confessioni X, 25; ho voluto riportare tutta la citazione dalle confessioni di sant’ Agostino. Io non posso seguire la mia disciplina interiore che è il vangelo se non ascolto la mia vita interiore. Non posso solo fare, progettare, ascoltare gli altri, ospitare, ma devo imparare a vivere ed ascoltare e meditare in maniera seria e assidua la parola sacra. Per la verità lo faccio tutti i giorni, ma non sempre è fatto con attenzione, nel silenzio, nella frequentazione seria della parola che arriva al mio cuore. Solo attraverso questo percorso di ascolto e di silenzio interiore arriverò a sentire che la parola mi chiede un cambiamento, anzi la parola stessa attiverà il cambiamento. Di questo ne sono certo, ma devo in qualche modo stare in un silenzio di ascolto e di raccoglimento della parola. Solo così potrà nascere in me il cambiamento che cerco.