un fatto

di | 21 Luglio 2024

Mosè sta conducendo il suo popolo verso la terra promessa. Di giorno, quando il cammino del popolo si ferma, Mosè sta fuori dalla sua tenda e incontra la gente. Soprattutto per tutte quelle questioni legate alla giustizia. Mosè rischia di essere sopraffatto da tutta quella gente che arriva e vuole parlare con lui. allora lo Spirito del Signore suggerisce a Mosè di chiamare dei collaboratori che con lui eserciteranno la giustizia. Ne chiama 70 perché inizialmente 70 erano figli di Israele, 70 erano i membri del sinedrio e poi con il numero 70 mi fermo qua. Comunque, il fatto è questo: farsi aiutare, avere dei collaboratori. Mi piace pensare che partecipare è anche creare le condizioni perché persone possano aiutarsi, collaborare appunto, per lavorare meglio. L’insegnamento che ci viene da Mosè è molto semplice: la fatica diminuisce con la condivisone, aumenta quando si pensa di fare tutto da soli. Ma qui nascono alcune semplici indicazioni sulla partecipazione. Chi collabora, lavora insieme non deve essere considerato un semplice esecutore di ordini che arrivano da altri, di chi in genere diciamo è il rappresentante legale, ma deve nascere da un’effettiva partecipazione, dove chi collabora non esegue solo dei compiti, ma ne ha piena responsabilità. Mi domando per esempio se nelle nostre comunità parrocchiali esiste un criterio per cui è la comunità stessa che è responsabile a pieno titolo. Da quello che mi risulta il codice di diritto canonico mette nelle mani del parroco la responsabilità ultima. E se si parlasse invece della comunità come responsabile ultima e tutti gli altri non fanno altro che partecipare di questa responsabilità partecipata? Sempre nel nostro racconto di Mosè, due persone rimangono fuori dalla tenda del convegno, dalla tenda dove si prendono le decisioni, ma profetizzano ugualmente. Giosuè chiede a Mosè di richiamare i due perché non sono dei nostri. Mosè li lascia invece fare ponendo questa motivazione: fossero tutti profeti dentro il popolo. Qui penso a come rischiamo di essere autocentrati o come rischiamo di lasciar fuori dalla partecipazione tutti coloro che non hanno le caratteristiche giuste. Magari fossero tutti profeti dentro il popolo. Questa è la più bella risposta che si può dare a chi invece distingue tra chi è dentro la tenda e chi è fuori la tenda.

2 pensieri su “un fatto

  1. Marco

    Carissimo Don Sandro, non conoscevo questo passo grazie ed è proprio rappresentativo di una sensazione che ho da diverso tempo, se mi metto a osservare la mia chiesa, premessa sono un convertito e non da molto, è ho imbarazzo nel esprimere qualsiasi concetto proprio perché non sono nessuno e quasi sicuramente sbaglio, forse sono uno di quelli chiamati alla vigna negli ultimi 5 minuti e non sto facendo neanche un buon lavoro, se poi vengo confrontato con tanti fratelli e sorelle che spendono intere vite per la mia chiesa come si dice APRITI CIELO, ma la sensazione è di essere entrato in una tenda con una porta che si apre con un sensore se ti avvicini ma che poi si richiude appena la varchi, ci sono poi alcune volte che non si apre perché ti sei avvicinato nella maniera sbagliata, mentre io ho capito che Gesù è la porta dove entrano le pecore che seguono la voce e non si chiude mai, rimane aperta perché non c’è bisogno di chiudere, papa Francesco secondo me dice che le pecore devono entrare e uscire perché la voce si sente anche fuori dalla tenda, nessuna delle pecore che entra e esce se continua ad ascoltare la voce non si perde, e se non la senti più la voce magari esci e ti perdi, ma poi succede che fuori dalla tenda incontri qualcuno che ti ricorda dove indirizzare l’orecchio e ritorni come e successo a me, la tenda è un posto dove la voce secondo me si sente meglio, perché sembra che c’è meno rumore (il rumore però dentro di noi non è fuori) ma poi la porta se è sempre aperta e si vede da lontano ti viene voglia di entrare e di portare gli amici, leghiamo troppo la ns fede alla tenda, quando siamo fuori questa fede diminuisce, se non addirittura scompare, infatti, in alcune dinamiche fai fatica, ti vergogni, fai finta di non conoscere Gesù, allora ti sembra giusto rientrare nella tenda e chiudere la porta per lasciarti alle spalle la tua coscienza sporcata, la tenda non è una lavatrice di coscienze dove c’è il Don detersivo di turno che con ciclo di lavaggio messa ci dà una ripulita, mi scuso se dico delle eresie e susciterà qualche voglia di appiccare un fuoco purificatore sotto i miei piedi, ma il regno di Dio lo immagino un posto dove non serviranno più le tende, perché la tenda è il creato non serviranno più sacerdoti perché siamo tutti voce da seguire gli uni per gli altri (profeti), e dove non serve più lavarsi perché non ci si sporca più, se andiamo verso una serie di programmi di lavaggio sempre più sofisticati ho la sensazione che la lavatrice poi non riuscirà a ripulite più perché non è in realtà una lavatrice, ma un posto dove una voce nasce e per eco si diffonde fuori (il nostro quotidiano il Gesùa Nazareth di Charles de foucauld) di essa noi possiamo essere quell’eco, quel sale, quella candela accesa, di quella voce….. se la porta è chiusa l’eco rimbalza indietro e alla fine comincierà a dar fastidio alle orecchie

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  2. Marco

    Carissimo Don Sandro, non conoscevo questo passo grazie ed è proprio rappresentativo di una sensazione che ho da diverso tempo, se mi metto a osservare la mia chiesa, premessa sono un convertito e non da molto, è ho imbarazzo nel esprimere qualsiasi concetto proprio perché non sono nessuno e quasi sicuramente sbaglio, forse sono uno di quelli chiamati alla vigna negli ultimi 5 minuti e non sto facendo neanche un buon lavoro, se poi vengo confrontato con tanti fratelli e sorelle che spendono intere vite per la mia chiesa come si dice APRITI CIELO, ma la sensazione è di essere entrato in una tenda con una porta che si apre con un sensore se ti avvicini, ma che poi si richiude appena la varchi, ci sono poi alcune volte che non si apre perché ti sei avvicinato nella maniera sbagliata, mentre io ho capito che Gesù è la porta dove entrano le pecore che seguono la voce e non si chiude mai, rimane aperta perché non c’è bisogno di chiudere, papa Francesco secondo me dice che le pecore devono entrare e uscire perché la voce si sente anche fuori dalla tenda, nessuna delle pecore che entra e esce se continua ad ascoltare la voce non si perde, e se non la senti più la voce magari esci e ti perdi, ma poi succede che fuori dalla tenda incontri qualcuno che ti ricorda dove indirizzare l’orecchio e ritorni come e successo a me, la tenda è un posto dove la voce secondo me si sente meglio, perché sembra che c’è meno rumore (il rumore però è di noi non è fuori) ma poi la porta se è sempre aperta e si vede da lontano ti viene voglia di entrare e di portare gli amici, leghiamo troppo la ns fede alla tenda, quando siamo fuori questa fede diminuisce, se non addirittura scompare, infatti, in alcune dinamiche fai fatica, ti vergogni, fai finta di non conoscere Gesù, allora ti sembra giusto rientrare nella tenda e chiudere la porta per lasciarti alle spalle la tua coscienza sporcata, la tenda non è una lavatrice di coscienze dove c’è il Don detersivo di turno che con ciclo di lavaggio messa ci dà una ripulita, mi scuso se dico delle eresie e susciterà qualche voglia di appiccare un fuoco purificatore sotto i miei piedi, ma il regno di Dio lo immagino un posto dove non serviranno più le tende, perché la tenda è il creato non serviranno più sacerdoti perché siamo tutti voce da seguire gli uni per gli altri (profeti), e dove non serve più lavarsi perché non ci si sporca più, se andiamo verso una serie di programmi di lavaggio sempre più sofisticati ho la sensazione che la lavatrice poi non riuscirà a ripulite più perché non è in realtà una lavatrice, ma un posto dove una voce nasce (eucaristia) e per eco si diffonde fuori (il nostro quotidiano il Gesùa Nazareth di Charles de foucauld) di essa noi possiamo essere quell’eco, quel sale, quella candela accesa, di quella voce….. se la porta è chiusa l’eco rimbalza indietro e alla fine comincierà a dar fastidio alle orecchie

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