In genere pensiamo che la partecipazione è un buon dialogo. È un dialogare si spera in una maniera corretta e rispettosa. Già questo ci sembra un modo ideale di partecipare e di far partecipare. Creare occasioni di dialogo. Ero ad una riunione e il tizio che parlava aveva offerto delle ottime indicazioni sul come partecipare e dialogare. Ma nella mia testa qualcosa non quadrava, mi mancava un pezzo. Il primo passo per una buona partecipazione non stava in tutte quelle cose buone che il tale aveva detto. Non penso di saperne di più di tanti altri, ma una cosa nel tempo l’ho capita: per spiegare che cosa è una buona partecipazione. e per arrivare a definire che cosa è l’inizio della vera partecipazione, la scintilla che fa scattare un’ottima capacità di collaborazione prendo spunto dalla parola sacra. Si tratta del re Salomone, dove il significato del nome è Shalom, pace. Era ancora giovane e doveva diventare re al posto padre di suo padre Davide. Di notte nasce tra lui e il suo Dio questo dialogo. Dio disse: “Chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda”. La risposta di Salomone è bellissima. Salomone dichiara la sua inadeguatezza a svolgere il compito: «Io sono solo un ragazzo; non so come regolarmi» Salomone che sarà grande re, non mette davanti richieste di grandezza, di forza e di ricchezza, mette davanti la sua inadeguatezza di giovane. E allora chiede questo: «Concedi al tuo servo un cuore che sa ascoltare» Noi abbiamo sempre tradotto questa frase con un cuore sapiente, un cuore illuminato e già questo è grande cosa. Ma Salomone, partendo dalla sua inadeguatezza chiede un cuore che sa ascoltare per poi decidere con saggezza. Ritengo che la parola che era mancata a quel tipo che parlava di partecipazione e di dialogo fosse la parola ascolto. La prima parola per far nascere partecipazione è la parola ascolto. Un cuore che ascolta, «perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male». Partecipare richiede prima di tutto la grande disponibilità ad ascoltare l’altro e, in un gioco di reciprocità, l’altro che si rende disponibile ad ascoltare me. Come dovremmo mettere nell’oridine del giorno di tutte le nostre riunioni: prima ascolta l’altro, e poi parliamo. La partecipazione nasce anche solo quando uno si sente ascoltato, altrimenti dice, ma sono qui a fare io.