Con i ragazzi del cre si fanno dei ragionamenti. Emergono almeno due esiti interessanti, ma discutibili del vivere la vita. Il primo: costruisco io la mia vita. Prima provo, agisco, faccio poi al massimo mi confronto con… La parte del confronto reciproco è rinvita al dopo. Non ritengo questa cosa una forma di egoismo, ma semplicemente un metodo che noi adulti abbiamo imparato e abbiamo involontariamente insegnato ai ragazzi. Vivere per essere fratelli è diverso da sento, decido, faccio, e poi al termine mi confronto. Ritengo invece che il processo del vivere da fratelli prevede un sentire, un confronto, una scelta e poi ancora un confronto e via di questo passo. Certo deve essere un confronto fatto con serietà e magari con persone sagge. Il secondo esito che mi ha fatto pensare è quel modo di agire per cui suddividiamo i buoni da cattivi, poi magari i buoni vogliono anche aiutare i cattivi. In questo caso vige la regola del bravo che aiuta il cattivo. Ma anche questa non è vera e propria fraternità. Questa è la semplice impressione che ho ricavato da una serie di incontri con ragazzi. Leggo dal documento preparatorio per la settimana sociale a Trieste: L’unità dei diversi è l’esperienza più sorprendente di cui raccontano già le prime comunità cristiane ritratte negli Atti degli Apostoli. Rileggere quella storia – come si rileggono i racconti di famiglia – ci fa riscoprire di quanta parità, confronto, gioia, abbiamo ancora oggi bisogno. Ci rivela quanto siamo lontani da quell’abitudine a condividere tutto, parole e pensieri, beni e ospitalità, senza chiuderci in piccole bolle ma pronti a soccorrere i più lontani quando ne hanno bisogno. Un percorso fatto di ascolto ma anche di confronto, di discernimento, di non capirsi e provare a ritrovarsi, di punti di vista che sanno trovare nuove sintesi. Questa è la modalità con cui possiamo vivere da fratelli.
Come sono vere le parole del documento… quanta fatica a volte ad accettare chi è diverso,basta vedere nel quotidiano, anche solo il tuo collega di lavoro, anche conoscenti che fingiamo di accettare, ma infondo il diverso facciamo fatica ad accettarlo. Però qui sta la questione del cristiano che deve vivere la sua realtà vivendo di una carità vera, non solo di beni materiali, ma fatta di relazione vera anche con il diverso , allora poi di conseguenza c’è la praticità di aiuto nei bisogni. La prima accettazione è fatta di gentilezza, di sorriso e di disponibilità.