E dopo il resto che cosa rimane? Lascio due semplici indicazioni che mi piace pensare quando il resto si ricompone, cambia registro, ma soprattutto riprende a cantare. Mi piace pensare che raccogliendo anche il resto della mia vita, io possa in qualche modo capire bene che cosa resta di un resto, e che cosa ne faccio di quel resto rimasto. In genere noi temiamo, io temo che un tempo, una storia, un’amicizia debba finire. E a volte succede davvero così. Soprattutto nell’amicizia succede che del resto non rimane molto. Ci si perde, si finisce, cambiano le prospettive e quindi sembra tutto finito. In realtà la storia non finisce, finisce una storia, finisce un modo di pensare la storia, finisce una storia che ha segnato un’epoca, che ha segnato un tempo. Il piccolo resto prende atto che una pezzo di storia è finito e riprende il suo cammino per costruire un altro pezzo di storia. il resto riconosce che si può costruire una nuova storia di vita, una nuova amicizia, una nuova capacità di pensare la vita. oppure può pensare di ricostruire la medesima amicizia dentro un nuovo registro. Certo, devo trovare la forza in me di credere che posso pensare che con il resto che mi è rimasto nel cuore, dopo la grande onda che è passata, io posso camminare e ricostruire la mia storia. capire che la storia quella ideale, grandiosa, fatta di slanci, di uomini e donne appassionati è fondamentale per raccogliere il resto e costruire la nuova storia. la prima storia di un’amicizia può finire, la prima storia di una vicenda può finire, ma con il resto che rimane posso rilanciare la medesima amicizia, la medesima esperienza in modo nuovo e magari più affascinante della prima storia. la seconda parte della storia di un’amicizia, purificata da errori e scorie può essere più affascinante della prima parte. La seconda parte della storia del mio cuore, se sono in grado di raccogliere il resto della mia vita può essere ancora più affascinante della prima. Ritengo che il primo passaggio di questa nuova storia sia dato da un fatto non facilmente accettabile. Dobbiamo accettare di non crescere più, di non pensarci grandi, ma affrontare l’esilio della piccolezza, della dimenticanza e dell’abbandono di una vecchia storia fatta di liturgie e riti sempre uguali a loro stessi. Dobbiamo prendere atto che nella dimenticanza di una storia vecchia possiamo rilanciare il resto di un futuro nuovo. E questo è solo l’inizio per rilanciare il resto.