attesa

Qualcuno rimane in perenne attesa. Del figlio che non torna o del figlio che non ritrovi più. Io rimango in attesa di un buon tempo, di un tempo migliore, oppure rimango in attesa di un amico. A volte rimango in attesa di un tempo pacificato. Ma si può vivere senza attesa? Si può entrare in un tempo in cui l’attesa è come congelata e il tempo che la vita ci regale scorre con serenità senza più attese, ma dentro quasi un compimento di un tempo del tutto chiaro? Forse non esiste un tempo senza attesa. Mi sembra che la parola attesa è come legata ad un’altra parola: quando? Quando verrà la pace, quando finirà la guerra? Quando la sofferenza di quel mio figlio finirà? Quando il miele è pronto che vengo a comprarlo? (questo quando è un po’ più banale, ma da adesso fino a fine estate sapete quante volte mi verrà fatta questa domanda: quando è pronto il miele che vengo a comprarlo.) tutto sembra essere legato ad un quando. Quando verranno tempi migliori. Forse il vero tema non è l’attesa o il quando, ma quando l’attesa e il quando diventa angoscia o paura. Quando l’attesa e il quando diventano troppo difficili da sopportare allora si fanno diecimila cose per non pensarci. Quando la chiesa cambierà, quando la chiesa tornerà quella di una volta e allora via con mille attività per cambiare e rinnovare. L’attesa e il quando invece vanno ascoltati e amati. Forse si può addirittura arrivare ad ignorare le mille attese e lasciare che la vita accada e quando accade affrontarla. Io questo non so farlo e allora mi prende la paura del quando accadrà