Sto cercando di mettere insieme una serie di cardini che possano reggere la mia vita. a proposito di cardini ho trovato una frase del Talmud che usa questa immagine: ”I cardini reggono la porta e le prove reggono l’uomo”. Le avversità sono cardini, reggono la persona o la scardinano. E allora prima di descrivere i cardini della mia vita racconto di quel cardine che manda avanti la mia vita. Se è vero che i cardini reggono la porta e permetto alla porta di aprirsi e di chiudersi, la stessa cosa devo dire che le prove davvero reggono la mia vita. Posso prendere tutto quello che mi è successo di questi tempi e trasformarlo in cardine che apre il mio futuro. Posso dire così. Il primo cardine è la mia prova, la mia fragilità. Provo a trasformare fragilità e debolezza in cardine che sostiene la vita. ricevo la prova e la vivo come un cardine, come un sostegno. Ricevo dalla vita la debolezza e cerco di farne un cardine della vita. forse è in questo il segreto del mio esistere, nel non sentirmi sufficientemente forte al punto di pensarmi il cardine, il sostegno del mio esistere, ma di avere sempre bisogno di un sostegno fuori di me. Succede di cadere, ma la persona umana si distingue quando sa trasformare la caduta in possibilità di rialzarsi e di tornare a camminare. Succede davvero così. Ci sono dei cardini che sostengono la mia esistenza, ma oggi mi limito a dire così: Giobbe caduto nella fatica della vita disse un giorno: Se da Dio riceviamo il bene, perché non dovremo ricevere anche il male? Giobbe riconosce una cosa: che nella vita si può ricevere il bene e il male. Il suo ricevere è talmente grande, è come un dono e un affidamento che riconosce che da quel ricevere bene o male si può riprendere sempre il proprio cammino. La capacità di Giobbe di ricevere e di affidarsi è il cardine che lo tiene in piedi. Quanto vorrei un cardine che sempre mi tiene in piedi.
Buongiorno Don Sandro, tu lo chiami cardine, io l’ho sempre chiamata corda, come le cordate in alta montagna, e quando non c’è nessuno a sorreggerci, piantiamo un chiodo e ci attacchiamo la fune, il mio chiodi é Gesù che non sempre riesco a trovare, ma se lo cerco bene é lì davanti a me a darmi sostegno. E questo non si impara nei momenti di forza ma nella fragilità che anche tu mi hai insegnato a cogliere e ad utilizzare per migliorarsi.