Valorizzare i carismi. Questa frase la sento da quando sono prete o forse più indietro ancora negli anni. Valorizzare i doni di ciascuno. Poi sento anche questa frase: che i carismi servono per l’unità, che sono al servizio del bene di tutti. Poi sento anche questo: che si, è buona cosa valorizzare i carismi, ma che stiano dentro l’istituzione, che non procedano per la loro strada. Insomma valorizzare i carismi, ma dentro un binario preciso. E allora i carismi si perdono per la strada, perché ci si adegua all’istituzione, oppure i carismi, doni particolari, sono messi da parte per mettersi al completo servizio della causa. Oggi nella chiesa decliniamo questo valorizzare i carismi con un accezione tutta particolare: valorizzare i carismi dei laici. Credo che troppe volte diciamo questa frase con dei significati e dei contenuti che non mi piacciono. Un primo modo è quello della concessione. Io ti concedo di valorizzare il tuo dono. Un secondo modo dice più o meno così: vivi il tuo dono, ma ricordati che la responsabilità ultima è mia. Non si valorizzano così i doni. C’è un modo che ancora una volta non risponde alla vera valorizzazione dei carismi ed è quella forma che, con il pretesto fare percorsi di discernimento, alla fine non decide e non valorizza niente. Credo che dobbiamo imparare a credere nell’altro fino in fondo e a valorizzare i suoi doni. Penso questo soprattutto in riferimento alle famiglie e ai giovani. Che cosa è un carisma? Per carisma intendo un dono di “occhi diversi” capaci di vedere cose che altri non vedono, occhi che vedono di più e di diverso dagli altri. Colei o colui che riceve un carisma, è capace di vedere dei valori laddove gli altri vedono solo disvalori, bellezze in bruttezze, doni in problemi. Ecco perché è importante valorizzare veramente i doni e i carismi di tutti e di ciascuno. Anche solo per avere tanti sguardi diversi sulla realtà. L’unità nasce dalla varietà dei carismi, non dall’uniformità del pensiero.