Perché i cristiani non hanno seguito quello che nel libro degli atti degli apostoli si dice riguardo ai beni e alle proprietà? Al capitolo 4, al versetto 32 si dice così: La moltitudine di coloro che eran venuti alla fede aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune. C’era una moltitudine di gente che aveva un cuore solo e un’anima sola. Cioè andavano d’accordo tra di loro. È già questo è sorprendente riuscire ad andare d’accordo. Ma il secondo pezzetto del versetto è più sorprendente ancora: mettevano in comune i loro beni. Perché questa prassi ormai è finita? Mi sembra che è legata ai monasteri, agli istituti religiosi che mettono tutto in comune e niente di più. In realtà ci sono tentativi di gruppi di famiglie e di giovani che provano a vivere insieme e a mettere in comune i loro beni e meno male che ci sono. Torno a rifare la domanda: perché questa prassi legata alle prime comunità cristiane è andata persa. Siccome la cosa mi interessava mi sono letto due righe sempre partendo da quell’economia di comunione e le risposte che ho trovato sono strabilianti, in senso negativo ovviamente. La prima è una risposta antica, la seconda è moderna. Parto dalla moderna: il mettere in comune i beni non genera ricchezza e mettere in comune con i poveri non genera lavoro. la frase è presa non in maniera precisa da un intervista di un certo Flavio Briatore. Ma è la prima motivazione, quella più antica che mi ha colpito. È sant Agostino che in parte ha mediato questa mentalità. I beni e le proprietà non sono un problema se una parte di essi sono donati ai poveri in elemosina. Ma c’è una seconda questione. Si scrive nella vita di Melania che due ricchi presero i loro beni li donarono ai poveri e li misero in comune e tutto fallì. Questo episodio suscitò un ampio dibattito che finì per far passare l’idea che la comunione dei beni, se applicata ai ricchi, avrebbe comportato il declino della città. Da qui, la convinzione che i ricchi potessero limitarsi a amministrare bene i propri averi, senza doverli mettere in comunione al massimo fare delle elemosine, oggi sostituite dalle grandi fondazioni benefiche. E così questa mentalità è arrivata fino a noi. Ma mettere in comune dei beni non è forse una profezia, un segno di economia del dono? Ci sono delle cose, delle proprietà, del tempo che possono essere messi in comune? Io credo di sì. Voi che ne dite?
Dico che quando si vuol giustificare un proprio privilegio si trovano mille giustificazioni e mille prove contrarie alla distribuzione equa.
In realtà è la paura di condividere il proprio patrimonio che ci frena!