Non ci sono solo le vette delle montagne e allora insisto per questa strada. Namas amava cercare e scalare altre vette. Le proponeva agli amici. Lo faceva con discrezione, senza mai forzare la mano. Con una umiltà che sapeva sempre mettere in gioco la libertà dell’altro. Tengo a dire che il primo che cercava queste vette era lui, con la sua saggezza, le cercava, ne percorreva i sentieri fino in cima, fino alla croce, poi ridiscendeva a valle e raccontava di queste scalate di vette strane, di vette che raccontano la vita. C’era la vetta della libertà, quella della responsabilità, quella dell’amicizia, quella della fede e dell’umanità. Tutte vette che lui esplorava giorno dopo giorno. E poi la vetta della malattia. La vetta più difficile. Quasi una vetta da scalare in solitaria., Namas dopo ogni scalata toccava la croce, fumava una sigaretta e ringraziava Dio per tutto e per tutti. Queste vette erano ben più impegnative da scalare che quelle dei sentieri di montagna. In queste vette metteva in gioco la sua vita, si metteva in gioco. Non c’erano mai capricci, ma solo il desiderio di rendere più umana la vita, più bella la vita, la sua e quella di ogni uomo o donna che incontrava. Quali sono le mie vette? Sono sincero: ne ho tante anche io, ma non ho la stessa costanza di Namas nel cercare di scalarle. Mi domando se le mie vette sono frutto di miei capricci o sono invece frutto di un’obbedienza alla vita, a Dio e alla Chiesa. Non ho grandi risposte, o meglio, a volte preferisco non rispondere perché rischio di accorgermi che tante mie vette sono frutto dei miei capricci e non della fede obbediente. Tra l’altro quando sono frutto di capricci so che mi perdo per il sentiero. Vette e vita sono una cosa sola. Namas aveva fatto una vera e buona sintesi. Il namas che ho sempre sognato era andato sulle stelle a cercare le sue vette, il Namas che ho conosciuto, abitatore di una vecchia cascina, era andato per le vie del mondo a cercare le sue vette. Il namas che sono io a volte arranca tra stelle e mondo.