
Se devo pensare ad una parola con cui tentare di dare forma al modo di fare e di essere di papa Francesco penso alla parola uscire. lo so che una parola sola non basta, ma forse è quella che mi prende di più. Ne voglio parlare ancora una volta e poi lasciamo lì la vicenda di papa Francesco, affidandolo alla misericordia di Dio. Uscire da una chiesa che chiede solo di entrare nei suoi spazi. Uscire con il Vangelo tra le mani e nel cuore, uscire per incontrare il mondo. Una persona mi dice che questa non è una novità, niente di nuovo dice, la chiesa è sempre uscita, ha sempre conservato quel suo stile missionario che andava verso il mondo. Che cosa c’è di nuovo in tutto questo? Dove sta la grande novità di papa Francesco in questo uscire. Mi sembra di poter dire che è un’uscita non da maestra, ma da compagna di viaggio. È un’uscita non con la certezza di portar fuori una verità da diffondere, ma con il desiderio di confronto, di dialogo, di incontro. Ma soprattutto di un’ uscita là dove ci sono i poveri, i migranti, i malati, là dove c’è il mondo che soffre. Un’uscita, come la chiamava Francesc,o di una chiesa ospedale da campo. Magari non sono le parole più teologicamente perfette, ma sono parole chiare. Forse è stato anche un invito ad uscire dalle nostre paure, dalle nostre solitudini, andar fuori dalle nostre abitudini, oltre i confini, oltre i muri. Uscire per incontrare il fratello e l’umanità intera. Una bella ed efficace immagine quella dell’uscire. Forse papa Francesco in questo uscire è stato anche un papa del movimento, un papa che ci dice che la chiesa e i cristiani non sono fermi, statici, e aspettano qualcosa o qualcuno, sono gente e strutture che vanno incontro all’umanità ferita. Non si possono fare previsioni per il futuro, ma speriamo che almeno l’uscire secondo lo spirito di papa Francesco possa rimanere. Una chiesa in uscita insomma