Leggo un articolo su un giornale. Parla del telescopio Hubble. Mi affascinano queste cose. Non me ne intendo dal punto di vista scientifico, ma sono come affascinato da quello che noi umani possiamo fare. Questo telescopio è stato messo in orbita 30 anni fa. Non sta sulla terra, ma in cielo. E quindi ha uno sguardo privilegiato sull’universo profondo. Per 30 anni ha inviato foto e dati sull’universo. Ora verrà rimpiazzato dal James Webb Telescop che andrà a scovare niente meno che il big bang. Hubble ha inviato foto sulle galassie, sui buchi neri, sulle ferite che una cometa ha lasciato su Giove andandosi a schiantare sulla sua superficie. Guardo quelle foto e penso all’universo profondo. Penso al cielo di Palestina la notte in cui è nato Gesù. Notte fredda, notte solcata da una cometa che ciclicamente ritorna a farsi vedere, come uccelli migratori che ritornano sempre alla stesso luogo e poi da quel luogo ripartono con lo stesso identico viaggio. Il presepio è anche questo universo profondo, di immagini, di ritorni, di oscurità solcata da scie luminose. Ma questo universo profondo mi fa pensare ai suoi dintorni. E sono fondamentalmente due. Il primo è il lontano buio. Si parla di anni luce, di migliaia di anni luce. A volte sono così: dentro un viaggio nel buio di un universo che è lontano migliaia di anni luce. Percorro questo buio giorno dopo giorno, momento dopo momento, vedo delle comete, delle stelle, delle luci che accendono questo buio. Ma è un universo infinito, profondo, è notte fonda. Viaggi e ti muovi perché la forza gravitazionale ti spinge verso un punto ignoto. E poi c’è quell’universo profondo che il mio cuore. E’ un universo solcato da sogni che sembrano comete, da luci che sembrano stelle, da scie luminose che sembrano incontri con tutto quanto sa di umanità. Il mio cuore percorre questo universo profondo che sono io e in questo viaggio incontro la luce, incontro l’umanità che sa di luce. Dammi la grazie di non perdere nessuna di queste luci che solcano l’universo profondo.