silenzio ultimo

di | 14 Novembre 2020

Non tutte le giornate riescono bene. Ieri un ragazzo ha deciso che ere meglio andare a casa. Non sto a spiegare tutti i motivi di tale scelta. Certo io ci sono rimasto male e così anche Chiara. Magari un po’ anche Carlo che passava per darci una mano. La questione non è perché è andato via. Non è dove abbiamo sbagliato. Io faccio i conti ogni giorno con i miei fallimenti e quindi del fatto in sé non mi preoccupo molto. Mi preoccupo invece di altre questioni. La prima: mi è venuta in mente la parola scarto utilizzata in maniera abbondante di questi tempi. Chi si prende cura di questi ragazzi quando si troveranno buttati dentro la nostra società, quando non ci saranno più strutture e situazioni che si prendono cura di loro? Oppure, al contrario, quando decideranno di costruirsi la loro vita in autonomia come è giusto che sia, chi cercherà di sostenerli. Io li guardo e ci penso e penso alle loro famiglie. E rimango impotente di fronte a tale mistero. Ma il pensiero va oltre. Penso quasi che non sono loro lo scarto del mondo, ma siamo noi lo scarto che ha deciso di scartare.  Si perché una società che scarta alla fine viene scartata lei. Chi è il vero scarto? La società che butta oppure chi viene buttato? Alla fine i conti tornano e la società che scarta è come scartata da un piccolo virus. io per scarto non intendo solo l’operazione di buttar via, ma anche lo scarto il dribbling del calciatore che scarta l’avversario. Noi pensavamo di aver dribblato tutto e tutti e un virus sta dribblando la nostra vita. Rimango come in un ultimo silenzio di fronte a questa questione. Non ho risposte. Ho solo una preoccupazione dentro: che sarà di questi ragazzi? la seconda questione mi tocca da vicino. Sono partito con questa esperienza di lavoro e di accoglienza. So bene che il mondo in cui mi sono cacciato è questo. E mi affascina. Ma la paura mi assale. Sarò in grado di reggere il colpo, la fatica. Attenzione io non ho parlato di fare le cose bene, di ottenere successi educativi e lavorativi. Quelli non mi interessano molto. Ho imparato che se arrivano ne sono contento e dico grazie, se non arrivano riparto dopo il fallimento. Non è questo il problema. La vera questione è legata al reggere il colpo di quello che abbiamo messo insieme. È la paura di non reggere l’avventura che abbiano avviato. E l’ultimo silenzio vesperale, mi dice fidati e affidati a chi ti vuole bene, alla Chiara, agli amici, al Signore che è buono anche quando sbaglio tutto. E allora mi gusto questo silenzio non ultimo, ma fiducioso. Un silenzio vesperale carico di fiducia, mi sa che per oggi può bastare. Certo, io di fronte a tanta provvidenza di fiducia devo dare il meglio anche nel fallimento.

2 pensieri su “silenzio ultimo

  1. Giuliana

    È il richiamo della foresta che spesso queste persone vivono. Quel che conta è lasciarsi sapendo che la porta rimane aperta. Comunque il vissuto nel poco o tanto tempo dell’accoglienza resta e sarà sempre una piccola stampella. Forza Don Sandro realtà come tua sono importanti come presenza e auspichiamo maggior diffusione.

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  2. Anonimo

    Hola ! La fiducia nel Signore della vida ,ci aiuta a camminare con serenita e a credere nella providenza ogni giorno .unione di preghiera e ánimo !

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