sabato 16 febbraio

di | 15 Febbraio 2019

giobbe Giobbe 40, 1-5

[1]Il Signore riprese e disse a Giobbe:
[2]Il censore vorrà ancora contendere con l’Onnipotente?
L’accusatore di Dio risponda!
[3]Giobbe rivolto al Signore disse:
[4]Ecco, sono ben meschino: che ti posso rispondere?
Mi metto la mano sulla bocca.
[5]Ho parlato una volta, ma non replicherò.
ho parlato due volte, ma non continuerò.

Commento

VI è come un dialogo aperto, franco, vero tra Giobbe e Dio. È Dio che conclude per primo la sua requisitoria ritorcendo a Giobbe la sfida: si sente ancora in grado di combattere? ha una risposta plausibile a tutti i “chi sei tu?” e i “dov’eri tu?” che Dio gli ha rovesciato implacabilmente addosso? Insomma Dio fa comprendere a Giobbe che su questo tema non può competere con Dio stesso. È altra cosa Dio rispetto all’uomo. Questo è un altro passaggio fondamentale per comprendere il libro di Giobbe.  Lentamente il nostro protagonista prende coscienza che Dio è Dio e l’uomo è uomo. Di conseguenza la risposta di Giobbe è intrisa di umiltà, di abbassamento. Egli è troppo “meschino”, cioè inadeguato, leggero, davanti al “peso” delle parole di Dio. Egli non può che “mettersi la mano sulla bocca”. questo gesto non è solo indice del silenzio di Giobbe, ma è segno anche di resa sia sapienziale (Giobbe non sa più di Dio) ma anche giuridica. (Giobbe non può chiedere di portare Dio in tribunale e di metterlo sul banco degli imputati).  Giobbe si dichiara dunque battuto, o quanto meno sommerso dalla sfida che Dio gli ha lanciato. Ma Giobbe non è sconfitto, continua la sua ricerca, però cambiando registro:  Il suo desiderio ora è quello di ascoltare senza “riprendere la parola”, cioè senza rispondere con tono di sfida.

Preghiamo

Preghiamo per la pace nel mondo.

3 pensieri su “sabato 16 febbraio

  1. sr rita

    Il gesto di Gobbe che si mette la mano alla bocca è molto bello e intenso. Quanto è necessario ripetere questo gesto: quando ci si stupisce…..quando si prende coscienza che si ha sbagliato…quando ci scappa una parola che non doveva essere detta….
    Mettersi una mano alla bocca davanti a Dio è ritornare al proprio posto di persona umana lasciando a Dio il suo.

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  2. sr Alida Pirola

    Il buon tacer non fu mai scritto…se tu credi che ascoltare vale più che parlare, allora la pace verrà…. poni Signore una custodia alla mia bocca…un proverbio ,un canto , un salmo ….è troppo importante saper ascoltare , credo sopratutto di fronte al mistero ,al disegno di Dio su ciascuno …chiedo al Signore di saper tacere o parlare a tempo opportuno e solo per amore ,essere al proprio posto di creatura ….prego per la pace tanto necessaria per tutti .

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  3. Anonimo

    Una mano sulla bocca. Forse proprio il confronto profondo con il nostro io più vero e con Dio ci fa chiudere la bocca, ci fa abbassare lo sguardo, ci riporta al posto che ci spetta. Forse solo attraverso grandi sofferenze il cuore si dispone riconoscendo a Dio ciò che è di Dio e all’uomo ciò che è dell’uomo… Nel confronto con Te, Signore, fa che ci sia data la sapienza del tacere e dell’ascoltare con umiltà, accettando la nostra vita perché è l’unica, in fondo, che possiamo vivere….
    Prego con voi per la pace!

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