rocce

di | 17 Settembre 2021

Bellissima foto;  non ricordo se è arrivata inviata da un amico oppure se semplicemente l’aveva cercata Namas. Stava in quella cartella chiamata in attesa. Era quella cartella dove metteva le ultime foto, quelle da sistemare o cancellare, o modificare. Quando erano sistemate come diceva lui finivano nella cartella giusta a secondo della valle, dell’anno, della montagna. Namas nel tempo della malattia era diventato di una precisione incredibile. Le rocce della foto a me sembrano solide, forse bisognerebbe chiedere ad un alpinista provetto se sono veramente solide. Namas si informava sempre prima di salire su quelle rocce, leggeva quantità industriali di relazioni del cai. Tutto sembra solido, ma poi uno scarico di sassi in un canalone diventa fatale. Tutto sembra poggiare su roccia solida, ma a volte anche la roccia più solida cede e allora sono disastri. Tutti si appoggiavano su Namas alla cascina, sembrava la roccia indistruttibile, poi un giorno disse che era malato. Ci fu un attimo di smarrimento e poi torno con la sua malattia ad essere di nuovo la solida roccia per tutti. Namas, Il primo, quello dei sogni e delle stelle, viveva su un monte, dentro una casa solida. Nessuno sapeva bene dove era quella casa solida, non c’erano sentieri per raggiungerla, solo una leggenda diceva che stava in alto, su un monte che dominava tutto il deserto e vedeva la terra dove scorre latte e miele. Ad un certo punto Namas decise che era meglio scendere dal monte sicuro per vedere le città degli uomini. In un primo momento ne rimase come sconvolto, poi si riprese e decise che era meglio costruire la sua nuova casa in mezzo agli uomini per stare con le loro fragilità e loro povertà. Dalla cascina Namas faceva presto a raggiungere la città, si mescolava con gli studenti delle scuole serali dove insegnava, si mescolava con la gente che incontrava per le strade, si mescolava con il mondo e poi ritornava alla sua solida roccia che era la sua casa. Ieri per necessità mi sono trovato alla sera alla stazione dei treni e poi sempre per necessità sono salito in città alta attraversando il centro della città. La prima volta che mi succede dall’inizio della pandemia. Pensavo di mescolarmi con tanta gente ed invece quasi niente. Anche città alta era vuota. Forse la pioggia, forse non era ancora così tardi; ma forse dopo tutto quello che abbiamo passato la città si è scoperta più fragile, debole. Attraverso la città in auto e vorrei essere roccia per tutti. Mi accorgo che sono roccia fragile e friabile.

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