
Provo a ribaltare il problema. La pace possibile che serve per una tregua o una pace sicura che garantisce un futuro? La pace possibile per una tregua di fatto l’hanno garantita i grandi del modo. quello che succederà da qui in avanti per quanto riguarda una pace possibile e duratura non sta a noi metterla in campo. È legata alle volontà e agli interessi dei grandi e dei piccoli del mondo. e non è che con questa tregua possiamo negare il genocidio che è successo. E allora ribalto il problema e provo ad offrire questo sguardo che non è niente di nuovo rispetto a tutto quanto si può dire circa la pace e la guerra. Niente di nuovo appunto come mi dicono in tanti. Vediamo di ribaltare la prospettiva. Io ritengo che tra di noi dobbiamo puntare sull’impossibile, diciamolo in un altro modo: puntare su una speranza delle cose impossibili. Dove sta questa forza di una speranza delle cose e delle azioni impossibili? Sta in chi rischia la vita per stare vicino a chi subisce la guerra. Sta in tutti coloro che difendono la giustizia e la pace. sta in chi si organizza e prova a fare azioni di pace. un movimento di speranza collettivo, di popolo, di comunità. Non disperdiamo, non buttiamo via quello che abbiamo visto fare nelle nostre piazze, in tanti luoghi di ritrovo e di azione non violenta messa in atti in questi tempi giorni. Chiamo così la speranza dell’impossibile: il piccolo gesto di resistenza o di resilienza (preferisco resistenza) che può incrinare la certezza della pace possibile, della pace per interesse e non la pace della speranza per tutti. Spero di riuscire a continuare questa riflessione su una speranza delle cose impossibili.