play

di | 3 Agosto 2021

Continuo per questa strana strada standby, play, rewind e via dicendo. Play, è quel tasto che troviamo dappertutto, sui dispositivi per la musica, sui pc, sui telefoni, proprio dappertutto. Anche in questo caso ho scoperto il suoi significato. Inizialmente doveva essere una freccia che indicava la direzione verso cui andava il nastro e di conseguenza ne indicava l’avvio della musica. In seguito ha preso la forma che conosciamo ed è diventata la rappresentazione universale della riproduzione, una sorta di astrazione che tutti ormai associamo alla riproduzione video e musicale. Comunque indica qualcosa che parte, che si muove, che va in una certa direzione e che avvia la musica e riproduce la musica. Dopo una giornata in semi standby con la grande tentazione di non fare proprio niente, ieri ho schiacciato il tasto play e sono ripartito per la mia settimana. Dico sinceramente che quando schiaccio questo tasto nella mia mente non so sempre bene che tipo di musica ne viene fuori. È vero che quando scelgo un cd, un film, e avvio il tasto play, quello mentale ovviamente, provo ad ascoltare fino in fondo la musica, provo a vedere fino in fondo il film, ma è anche vero che l’imprevisto è sempre in agguato. Quindi salto una canzone, salto una scena del film. Oppure oggi posso mettere insieme delle playlist a piacere, inserendo quello che desidero ascoltare o vedere e poi schiacciare il tasto play e via. Nella vita, nella giornata io provo a costruire una playlist di cose da fare, ma l’imprevisto è sempre in agguato e ad un certo punto della giornata la mia playlist costruita con tanta attenzione salta per aria. E da quel momento nella mia giornata devo essere capace di governare il caos. Arrabbiarsi perché il programma pensato non sta più in piedi non serve a niente, anzi genera più caos ancora. e dal caos generato salta fuori ansia, paura, arrabbiatura e a quel punto se ci riesco non devo fare altro che fermare il tutto e provo a schiacciare il tasto pausa. Lascio andare il tutto? Non va bene neanche così. Prendo un immagine dal mondo sportivo. Il surfista dice che bisogna cavalcare l’onda che ti viene contro. Ecco io devo cavalcare l’onda degli imprevisti che mi arrivano addosso. Devo imparare a sentire l’onda che mi viene addosso, devo sincronizzare la mia vita con quell’onda e non rifiutarla pensando che è una cosa cattiva, devo assecondarla nei suoi movimenti. Non posso andargli addosso in maniera frontale, è solo uno schianto.  Devo sentire il respiro di quell’imprevisto che rovina la  mia playlist quotidiana, fino a conoscere l’essenza dell’imprevisto, quasi ad amare l’imprevisto. Ma soprattutto devo avere la capacità non di rimanere fossilizzato nella mia playlist, ma di reinventarne una nuova al momento e velocemente.

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