mercoledì 11 ottobre

di | 10 Ottobre 2017

chagall giuseppeGen 45,1-15                                        

1 Allora Giuseppe non potè più contenersi dinanzi ai circostanti e gridò: «Fate uscire tutti dalla mia presenza!». Così non restò nessuno presso di lui, mentre Giuseppe si faceva conoscere ai suoi fratelli. 2 Ma diede in un grido di pianto e tutti gli Egiziani lo sentirono e la cosa fu risaputa nella casa del faraone. 3 Giuseppe disse ai fratelli: «Io sono Giuseppe! Vive ancora mio padre?». Ma i suoi fratelli non potevano rispondergli, perché atterriti dalla sua presenza. 4 Allora Giuseppe disse ai fratelli: «Avvicinatevi a me!». Si avvicinarono e disse loro: «Io sono Giuseppe, il vostro fratello, che voi avete venduto per l’Egitto. 5 Ma ora non vi rattristate e non vi crucciate per avermi venduto quaggiù, perché Dio mi ha mandato qui prima di voi per conservarvi in vita. 6 Perché già da due anni vi è la carestia nel paese e ancora per cinque anni non vi sarà né aratura né mietitura. 7 Dio mi ha mandato qui prima di voi, per assicurare a voi la sopravvivenza nel paese e per salvare in voi la vita di molta gente. 8 Dunque non siete stati voi a mandarmi qui, ma Dio ed Egli mi ha stabilito padre per il faraone, signore su tutta la sua casa e governatore di tutto il paese d’Egitto. 9 Affrettatevi a salire da mio padre e ditegli: Dice il tuo figlio Giuseppe: Dio mi ha stabilito signore di tutto l’Egitto. Vieni quaggiù presso di me e non tardare. 10 Abiterai nel paese di Gosen e starai vicino a me tu, i tuoi figli e i figli dei tuoi figli, i tuoi greggi e i tuoi armenti e tutti i tuoi averi. 11 Là io ti darò sostentamento, poiché la carestia durerà ancora cinque anni, e non cadrai nell’indigenza tu, la tua famiglia e quanto possiedi. 12 Ed ecco, i vostri occhi lo vedono e lo vedono gli occhi di mio fratello Beniamino: è la mia bocca che vi parla! 13 Riferite a mio padre tutta la gloria che io ho in Egitto e quanto avete visto; affrettatevi a condurre quaggiù mio padre». 14 Allora egli si gettò al collo di Beniamino e pianse. Anche Beniamino piangeva stretto al suo collo. 15 Poi baciò tutti i fratelli e pianse stringendoli a sé. Dopo, i suoi fratelli si misero a conversare con lui.

Commento

È il momento del riconoscimento. Giuseppe si fa conoscere e i suoi fratelli rimangono come sgomenti per questa rivelazione. Possiamo dire così: Giuseppe avrebbe potuto continuare ad interrogare i suoi fratelli ed invece sceglie la strada di scrutare, di osservare quello che fanno per comprendere se in loro vi è come un cuore nuovo. Dopo un tradimento, dopo uno sgarbo o un torto subito non basta dire scusa, non basta dire mi pento.  sono necessarie, ma non sono sufficienti: occorrono fatti, comportamenti, espiazioni, penitenze. Non si tratta di vendetta né di ritorsione, ma del loro opposto: è tutto amore. Occorre che si dimostri con degli atti “costosi” e inequivocabili che vuoi davvero ricominciare, che vuoi veramente credere di nuovo nel nostro rapporto, che vuoi che saniamo insieme quella ferita che hai procurato al nostro rapporto. Il perdono biblico è il per-dono che fa risorgere, non è un “dimenticare” il passato, ma un ricordare doloroso per ricostruire un nuovo futuro. È perdono teso alla riconciliazione. Ogni famiglia, ogni fraternità, ogni comunità, sa quali sono le azioni concrete necessarie, ma senza questi atti la riconciliazione non c’è, o è troppo fragile. I rapporti sono realtà “incarnate”, non sono solo sentimenti o buone intenzioni. I nostri rapporti sono dei “terzi” che stanno di fronte a noi, sono vivi con noi e come noi. Questo è un grande insegnamento dell’umanesimo biblico, che ci svela la logica del sacramento della penitenza. Giuseppe ci suggerisce, poi, che molte riconciliazioni dopo grandi tradimenti non si sono dimostrate durature perché è mancato il tempo per un cammino di riconciliazione, anche perché questi cammini sono molto costosi per tutti. La virtù della fortezza è richiesta soprattutto a chi deve accettare il pentimento e perdonare, la grande tentazione è quella di fermarsi troppo presto (magari per pietà), e quindi non consentire al tempo di curare il rapporto arrivando fino in fondo alla ferita. Quando si sa resistere, i sentimenti di tutti si purificano (anche quelli di Giuseppe) – il perdono degli innocenti è tra le poche azioni che fanno commuovere il Cielo.

Preghiamo

Preghiamo per Anna

2 pensieri su “mercoledì 11 ottobre

  1. . Elena

    Com’è bella ed insieme drammatica questa pagina. Quanto dolore e quanto amore porta in sé…
    No, non c’è nulla di veloce, di facile, di scontato in un perdono. Non ci sono scappatoie o solo buone intenzioni. È un fine lavoro di rammendo e ricostruzione. Occorrono dei requisiti di fortezza , tempo, pazienza, volontà. Non si può dimenticare, occorre saper scavare per poter risalire e rivedere luce e possibilità, per ridare fiducia, non ci sono gesti facili…. e non si è più neppure quelli di prima. Per grazia, penso, perché il dolore sennò sarebbe troppo devastante. Preghiamo per chi fatica nel lavoro di ricostruzione.
    Mi unisco alle comuni intenzioni di preghiera.

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  2. sr Alida

    Bella questa pagina coronata anche dal commento del don ,e di Elena ..
    Si, il perdono ha bisogno di tempo ,anche il pentimento …Nel ricordo anche un pò doloroso ricostruire il futuro .con pazienza con animo in pace comunque .curando il rapporto arrivare fino in fondo alla ferita Mi unisco alla preghiera per Anna ,per chi fatica a ricostruire e per le comuni intenzioni .

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