martedì 5 gennaio

di | 4 Gennaio 2021

qohelet 1,2-12

2Vanità delle vanità, dice Qoèlet,
vanità delle vanità: tutto è vanità.
3Quale guadagno viene all’uomo
per tutta la fatica con cui si affanna sotto il sole?
4Una generazione se ne va e un’altra arriva,
ma la terra resta sempre la stessa.
5Il sole sorge, il sole tramonta
e si affretta a tornare là dove rinasce.
6Il vento va verso sud e piega verso nord.
Gira e va e sui suoi giri ritorna il vento.
7Tutti i fiumi scorrono verso il mare,
eppure il mare non è mai pieno:
al luogo dove i fiumi scorrono,
continuano a scorrere.
8Tutte le parole si esauriscono
e nessuno è in grado di esprimersi a fondo.
Non si sazia l’occhio di guardare
né l’orecchio è mai sazio di udire.
9Quel che è stato sarà
e quel che si è fatto si rifarà;
non c’è niente di nuovo sotto il sole.
10C’è forse qualcosa di cui si possa dire:
«Ecco, questa è una novità»?
Proprio questa è già avvenuta
nei secoli che ci hanno preceduto.
11Nessun ricordo resta degli antichi,
ma neppure di coloro che saranno
si conserverà memoria
presso quelli che verranno in seguito.

Commento

Il testo, come ogni testo di qoelet, è denso e quindi non si può commentare tutto. Mi sono soffermato solo su una parola, che tra l’altro è una delle parole chiavi per comprendere tutto il testo. La parola è la famosa vanità delle vanità. Diciamo che non è una questione morale. La verità intesa non come vanitas, vanità della vita. il testo in ebraico è Habel habalîm hakkol habel, il celebre Vanitas vanitatum et omnia vanitas in latino. Hebel è come un martello che picchia in tutto il testo di qoelet ed è la chiave per comprendere tutto il libro. Può essere tradotto con soffio, vapore, fumo, alito, nulla; polvere; capite bene che questo hebel, vanità è ben lontano da tutto quanto abbiamo in mente noi circa la vanità. Io credo che possiamo pensare ad una traduzione del tipo: precarietà. Precarietà tutto è precarietà. L’uomo è  hebel, precario a livello esistenziale; ugualmente l’attività dell’uomo, anche se grande e faticosa è hebel, precaria. Hebel è tutto ciò che non ha esito, tutto ciò che sembra invano. Questa è la cifra con cui leggere tutto il testo di qoelet: tutto è hebel, precario. Vedremo che questo sguardo sarà il modo con cui qoelet leggerà tutta l’esperienza umana.

Preghiamo

Preghiamo per i profughi

3 pensieri su “martedì 5 gennaio

  1. Elena

    Tutto è effimero. Nulla è per sempre. Mi chiedo due cose allora: che cosa conta davvero nella mia vita e che cosa resta della mia vita. La risposta è univoca e torna sempre uguale nel tempo, qualunque cosa accada o sia accaduta. Contano gli affetti, le relazioni buone che ho saputo nutrire, alimentare, conta l’amore dato e ricevuto. Nessuna cosa e nessuna vicenda umana mi hanno tolto, mi tolgono e mi toglieranno mai questo. Cosa mi resta e cosa resterà? L’amore dato, l’amore ricevuto. Non importa a chi, come, dove e quando. L’amore è qualcosa che permea tutto e viene da fonti inesauribili, sempre rinnovabili. Si espande e “contamina” coloro che hai intorno. Si rinnova….
    Il resto sia pure effimero, ma l’amore riposto, ricevuto e nutrito è qualcosa che oltrepassa la morte ed il tempo. Perché nasce dal Padre e a lui ritorna affinché si rigeneri nuovo amore. È un ciclo continuo ed infinito. Il resto è vanità, precarietà, effimero. Vola via, passa, è il nulla….
    Ricordo nella preghiera tutti i migranti e gli immigrati. Ricordo Luca e la sua famiglia. Una preghiera per te, don Sandro.

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  2. sr Alida

    Solo l’amore rimane, titolo del corso di esercizi spirituali dello scorso anno… Se pensassi di piu’ alla precarietà al provvisorio, penso che amerei di piu’…. Rimanere in ascolto di ciò che non passa nel quotidiano… Imparare a vivere delle cose che contano… Sapendo che la Sua misericordia è pace sono per sempre… Che davvero il Padre ci ama sempre e comunque. Prego con voi per gli immigrati e per le intenzioni di oggi.

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  3. Dania

    L’amore basta e resta, davvero credo che “l’amore vince su tutto”… Che il Signore mi e ci aiuti ad amare ciò che è visibile per amare anche l’invisibile che c’è in ogni mistero: la vita, la morte ed il più grande di tutti, la Sua incarnazione, il Suo essere in ogni uomo perché come disse Chiara Lubich “chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede”.
    Mi unisco alle vostre intenzioni di preghiera e prego per tutti coloro che sono costretti, per vari motivi, a lasciare gli affetti, la loro terra e tutto ciò che hanno.

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