martedì 23 febbraio

di | 22 Febbraio 2016

trinitàDal vangelo secondo Marco 1,40-45          

40 Venne da lui un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». 41 Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». 42 E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. 43 E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito 44 e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». 45 Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

Commento

È interessante notare come la richiesta del lebbroso non è: se vuoi puoi guarirmi, ma, se vuoi puoi purificarmi. Ed anche Gesù sottolinea questa purificazione e lo stesso cronista, Marco lo ridice: ed egli fu purificato. Per tre volte in poche righe torna questa idea della purificazione. Tale gesto è paragonabile alle vittorie sugli spiriti immondi, cioè alla vittoria sul male. Infatti la lebbra veniva considerata un’impurità per cui il malato era automaticamente escluso dalla comunità. Il gesto di Gesù allora non è tanto un gesto di guarigione da una malattia, quanto invece il compiere il miracolo di dichiarare che la malattia non esclude, anzi richiede il gesto della compassione, della vicinanza. Credo che in un testo come questo va tenuto distinto il miracolo che reintegra il malato di lebbra nella comunità e la guarigione vera e propria dalla malattia sancita dai sacerdoti secondo la legge di Mosè. La guarigione sostiene, da garanzia, della fine della emarginazione, anche se il vero miracolo è la compassione. Ho l’impressione che oggi il problema vero non è l’esclusione dovuta all’impurità provocata dalla malattia, quanto invece l’esclusione dovuta alla paura e all’indifferenza. Serve anche oggi il miracolo della compassione che si prende cura del povero e del malato. Serve un gesto di inclusione e non di esclusione. In questo senso il fatto che il lebbroso dopo la guarigione diventa colui che racconta il fatto, cioè racconta la buona notizia della sua guarigione che gli permette di tornare a stare nella comunità, è segno che il vangelo accolto e la compassione praticata fanno della comunità dei credenti il luogo della inclusione o meglio della fraternità.

 Preghiamo

Preghiamo per tutti coloro che sono esclusi.

6 pensieri su “martedì 23 febbraio

  1. Tiziana

    “tese la mano, lo toccò”
    Donaci Gesù la capacità di seguire il tuo insegnamento,di “toccare” l’altro, senza paura.

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  2. sr Rita

    Sentì compassione, tese la mano, lo toccò e disse… I verbi descrivono un percorso di compassione e di cura. Gesù non ha usato per prima cosa la parola, ma i sentimenti, poi i gesti, il contatto fisico e infine la parola. Quante volte noi ci fermiamo alla parola e non arriviamo ai gesti, né ai sentimenti e tanto meno l contatto fisico. Anche le relazioni di cura talvolta sono virtuali, per non dire inesistenti.
    Donaci, Signore, la voglia di percorrere i tuoi stessi sentieri. Corpo, sentimenti e decisioni creino relazioni vere tra noi.

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  3. Ingrid

    Gesù rimaneva fuori,in luoghi deserti,e venivano da lui da ogni parte….chi conosce la parola,chi conosce Gesù, non si ferma più in luoghi semplici e facili da raggiungere,per trovarlo è disposto ad allontanarsi, a costo di attraversare il deserto,il deserto un posto sacro a Gesù, posto di intimità tra noi e lui,allontanarsi dalle NS credenze, dalle nostre abitudini,lui è la che ci aspetta,che ci tende una mano, che ha compassione e chi crede in lui non ha paura del deserto,non più..
    Partecipo alle vs preghiere e vorrei pregare x tutti i missionari,missionarie,laici e laiche,x tutte quelle persone che attraversano i loro deserti,che lasciano tutto in nome di Gesù, per farlo conoscere e donare la speranza e fede…

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  4. Elena

    Riprendo la sequenza delle azioni: ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e disse. Quante volte la nostra compassione si ferma alla sola intenzione, si congela così, solo nel pensiero. A volte si viene derisi per ingenuità, per troppa disponibilità. E se invece, proprio la compassione vera passasse prorio dal cuore puro di chi non si lascia spaventare da una compromissione personale, da un cuore che non ha pregiudizi ma che si spende perchè, in fondo, riconosce nell’altro il volto di un Dio compassionevole?
    Mi unisco alle vostre intenzioni di preghiera nei confronti chi chi chiede di essere “toccato” dalla compassione e di chi è capace di toccare, senza paura, e crea un legame nuovo fra esseri umani.
    Elena

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  5. sr Rita

    Chiedo la carità della vostra preghiera per una persona a me molto cara e che sta vivendo un momento di fatica interiore.Grazie.

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  6. sr.Alida

    Ebbe compassione ,tese la mano lo toccò..Aiutami o Signore a porre delle azioni azioni ,con il cuore.non rimanere alla superficie.Mi unisco con una sentita preghiera .alla richiesta di sr.Rita,e a quelle di oggi .

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