
Ger. 22,10-30
10 Non piangete per il morto,
non vi affliggete per lui;
ma piangete, piangete per colui che se ne va,
perché non tornerà più
e non vedrà più il suo paese natìo.
11 Infatti così parla il SIGNORE, riguardo a Sallum, figlio di Giosia, re di Giuda,
che regnava al posto di Giosia suo padre,
e che è uscito da questo luogo:
«Egli non vi ritornerà più,
12 ma morirà nel luogo dove l’hanno deportato;
non vedrà più questo paese».
13 «Guai a colui che costruisce la sua casa senza giustizia
e le sue camere senza equità;
che fa lavorare il prossimo per nulla,
non gli paga il suo salario
14 e dice: “Mi costruirò una casa grande
con camere spaziose al piano di sopra”.
Egli vi fa delle finestre,
la riveste di legno di cedro
e la dipinge di rosso!
15 Tu regni forse perché hai la passione del cedro?
Tuo padre forse non mangiava e beveva?
Però faceva ciò che è retto e giusto,
e tutto gli andava bene.
16 Egli giudicava la causa del povero e del bisognoso,
e tutto gli andava bene.
Questo non significa forse conoscermi?», dice il SIGNORE.
17 «Ma tu non hai occhi né cuore
che per la tua cupidigia,
per spargere sangue innocente,
per fare oppressione e violenza».
18 Perciò, così parla il SIGNORE riguardo a Ioiachim, figlio di Giosia, re di Giuda:
«Non lo si compiangerà, dicendo:
“Ahimè, fratello mio, ahimè sorella!”
Non se ne farà cordoglio, dicendo:
“Ahimè, signore, ahimè, maestà!”
19 Sarà sepolto come si seppellisce un asino,
trascinato e gettato fuori dalle porte di Gerusalemme».
20 «Sali sul Libano e grida,
alza la voce in Basan,
grida dall’Abarim,
perché tutti i tuoi amanti sono distrutti.
21 Io ti ho parlato al tempo della tua prosperità,
ma tu dicevi: “Io non ascolterò”.
Questo è stato il tuo modo di fare sin dalla tua adolescenza;
tu non hai mai dato ascolto alla mia voce.
22 Tutti i tuoi pastori saranno pastura del vento
e i tuoi amanti saranno deportati;
allora sarai svergognata, confusa,
per tutta la tua malvagità.
23 Tu che abiti nel Libano,
che ti annidi fra i cedri,
come farai pietà quando ti coglieranno i dolori,
le doglie come quelle d’una donna che partorisce!
24 Com’è vero che io vivo», dice il SIGNORE,
«anche se Conia, figlio di Ioiachim, re di Giuda, fosse
un sigillo nella mia destra,
io ti strapperei da lì.
25 Io ti darò in mano di quelli che cercano la tua vita,
in mano di quelli dei quali hai paura,
in mano di Nabucodonosor, re di Babilonia,
in mano dei Caldei.
26 Caccerò te e tua madre che ti ha partorito,
in un paese straniero dove non siete nati,
e là morirete.
27 Ma quanto al paese in cui desiderano tornare,
essi non vi torneranno».
28 Questo Conia è dunque un vaso spezzato, infranto?
È forse un oggetto che non fa più alcun piacere?
Perché sono dunque cacciati, lui e la sua discendenza,
gettati in un paese che non conoscono?
29 O paese, o paese, o paese,
ascolta la parola del SIGNORE!
30 Così parla il SIGNORE:
«Iscrivete quest’uomo come privo di figli,
come un uomo che non prospererà durante i suoi giorni;
perché nessuno della sua discendenza giungerà
a sedersi sul trono di Davide,
e a regnare ancora su Giuda».
Commento
Geremia continua nella sua denuncia del male. Ma questa lotta, questa denuncia ormai mette in difficoltà lo stesso profeta. Anche il testo di oggi, una denuncia contro tutti i re, è una parola drammatica anche sulla vicenda spirituale e personale di Geremia. il profeta arriva a conoscere la radicale messa in discussione della sua vocazione, dunque della sua intera vita e dell’immagine stessa di Dio. siamo sempre in quei testi che sono chiamati le confessioni di Geremia. È la confessione di tutto il dramma interiore che il profeta sta vivendo. A volte leggendo queste pagine non posso non pensare alla notte oscura narrata Da Giovanni della croce. ll passo di Geremia testimonia la disillusione e il disincanto a cui l’esercizio responsabile e serio del suo mandato profetico l’ha condotto. Dopo l’entusiasmo dell’adesione al Signore e la dolcezza e la bellezza sperimentate nei momenti iniziali della chiamata, quando la Parola del Signore fu per lui “la gioia e la letizia del suo cuore” questa stessa parola è divenuta, col passare degli anni e lo svolgersi del suo ministero profetico, esperienza di amarezza e di sofferenza. Il profeta si sente ingannato da Dio: come se Dio lo avesse adescato e usato per poi abbandonarlo. Per Geremia le domande si affastellano: fu vera vocazione? O si trattò di un abbaglio? Di un inganno? Possiamo dire che questo è il grido di Geremia contro Dio.
Preghiamo
Preghiamo per chi non ha lavoro.
Penso a miei ai nostri dubbi di fede, in momenti un po’ bui del nostro vivere, non credo mai abbastanza…. Ma occorre la memoria di sapersi amati e crederci fortemente da chi sa di accompagnarci al Suo amore in diversi modi. Mi unisco alla preghiera per chi non ha lavoro.
Forse non mi sono mai sentita abbandonata da Dio. Forse sono io che ho preso le distanze, che non sono stata capace di credere abbastanza, che ho fatto scelte che mi hanno allontanata dal Suo amore. Forse la mia vita non è stata più in grado di contenerlo, questo Dio. Però so che mi ha attesa, si è seduto paziente da qualche parte e mi ha aspettata. Per riabbracciarmi con tenerezza e misericordia. Ha lasciato che sperimentassi la nostalgia di Lui, la delusione, il vuoto, l’assenza, perché scegliessi di essere di nuovo riempita della Sua presenza. E quando ciò è accaduto ho potuto cogliere solo un lampo del Suo amore per me, per noi esseri umani, riuscendo però a sentire quanto grande è il Suo amore di giustizia e verità. Per tutta l’umanità. E, immeritevole di sicuro, stanca, fragile e povera ho chinato il capo nel Suo grembo…
Prego con voi per le intenzioni espresse e per quelle custodite in cuore.