giovedì 11 giugno

di | 10 Giugno 2015

home2Esodo 2,23 -3, 12

23 Nel lungo corso di quegli anni, il re d’Egitto morì. Gli Israeliti gemettero per la loro schiavitù, alzarono grida di lamento e il loro grido dalla schiavitù salì a Dio. 24 Allora Dio ascoltò il loro lamento, si ricordò della sua alleanza con Abramo e Giacobbe. 25 Dio guardò la condizione degli Israeliti e se ne prese pensiero. 3,1 Ora Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, e condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l’Oreb. 2 L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco in mezzo a un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva nel fuoco, ma quel roveto non si consumava. 3 Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a vedere questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». 4 Il Signore vide che si era avvicinato per vedere e Dio lo chiamò dal roveto e disse: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». 5 Riprese: «Non avvicinarti! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è una terra santa!». 6 E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si velò il viso, perché aveva paura di guardare verso Dio. 7 Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco infatti le sue sofferenze. 8 Sono sceso per liberarlo dalla mano dell’Egitto e per farlo uscire da questo paese verso un paese bello e spazioso, verso un paese dove scorre latte e miele, verso il luogo dove si trovano il Cananeo, l’Hittita, l’Amorreo, il Perizzita, l’Eveo, il Gebuseo. 9 Ora dunque il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho visto l’oppressione con cui gli Egiziani li tormentano. 10 Ora va’! Io ti mando dal faraone. Fa’ uscire dall’Egitto il mio popolo, gli Israeliti!». 11 Mosè disse a Dio: «Chi sono io per andare dal faraone e per far uscire dall’Egitto gli Israeliti?». 12 Rispose: «Io sarò con te. Eccoti il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai fatto uscire il popolo dall’Egitto, servirete Dio su questo monte».

Commento

 Gli Israeliti alzarono grida di lamento e il loro grido dalla schiavitù salì fino a Dio. questa è la preghiera! Un grido di un popolo che sale a Dio. L’inizio della preghiera è dunque non una preghiera, ma il grido di un mortale dolore. Non sembra salire a Dio quello che è alto, e nobile, e puro, e libero da ogni contraddizione, ma, in certo senso, il suo contrario, e cioè tutto quello che dice la miseria della condizione umana. E notate che non dice che in quelli che si lamentavano ci fosse una qualche intenzione nei confronti di Dio. Essi appaiono anzi immersi e totalmente chiusi nel dolore. Ma il loro lamento “sale” verso Dio! Questo grido non è una preghiera consapevole, ma sale ugualmente verso Dio. e Dio ascolta. Ascolta è il principio della fede ebraica e cristiana. Tutto è fondato sull’ascolto. Lo stesso Dio non si sottrae a questa regola. Dio ascolta il grido del suo popolo. E quando Dio convoca Mosè presso il roveto ardente, in un certo senso Lui, Dio, si confessa presso Mosè: ho visto la miseria del mio popolo e sono sceso. In quel roveto ardente è vero che c’è tutta la vocazione – chiamata di  Mosè, ma vi è anche tutto l’ascolto, l’agire e lo scendere di Dio in mezzo al suo popolo. Il roveto ardente è simbolo del grido che sale a Dio, della chiamata di Mosè e dello scendere di Dio in mezzo al suo popolo per liberarlo. Forse il roveto è anche simbolo dell’amore di Dio che brucia per l’uomo per sempre, di quell’amore che ha il coraggio di dichiarare a Mosè: io sarò con te.

Preghiamo

Per tutti i popoli della terra che gridano in modo consapevole  o meno a Dio il loro dolore.

 Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo, disse Gesù ai suoi apostoli: «Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento. In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti. Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi».

2 pensieri su “giovedì 11 giugno

  1. suor Rita

    Proprio questo grido dell’uomo che si fa preghiera è quanto si rinnova in continuazione nelle varie parti del mondo. Io mi porto nel cuore il grido della mia gente, la in Brasile, che in molteplici modi e situazioni grida a Dio rivolgendosi a noi per dire il dolore, la fame, lo sconforto. il bisogno fisico di ascolto e di aiuto. Ma anche qui in Italia sto udendo questo grido dai molteplici toni. Mi pare che il mondo sia tutto un susseguirsi di grida che invocano. A volte pare che Dio non ascolti. Ma noi ci siamo, noi ascoltiamo e Dio lascia noi sulla terra, come il roveto ardente, per dire la sua presenza, la sua partecipazione, la sua risposta. Preghiamo perché nessuno di noi renda duro il suo orecchio al grido di chi incontriamo.

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  2. Tiziana

    Signore, non lasciarci indifferenti, aprici all’ ascolto delle fatiche degli altri.
    Forse non potremo fare nulla, forse poco,(“Io sarò con te” dice il Signore)
    ma fa che non restiamo indifferenti!

    Rispondi

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