dignità 3

di | 11 Maggio 2021

Cerchiamo sempre un corrispettivo. Che cosa è un corrispettivo? È quanto mi spetta per quanto ho fatto. È la giusta remunerazione per il lavoro fatto bene; è il corrispettivo che desideriamo per ogni azione che facciamo nei confronti delle varie persone che incontriamo; è come se ad ogni richiesta corrisponde un bene -utilità. Cosa significa? Con il concetto che la carità non deve essere paternalista, assistenzialista e via dicendo ci siamo come dimenticati di quel bene ultimo che è il bene comune. Tutto questo in nome dell’efficienza, della programmazione, del corrispettivo. Ma la dignità a volte non si sostiene su un corrispettivo, ma su una presa in carico dell’altro. Sembra che ci rimane solo lo scambio, l’efficienza, il merito. dico questo perché più volte ci dicono che dobbiamo stare attenti a non scadere nell’assistenzialismo. Ho quasi l’impressione che avendo come abdicato all’idea dell’incontro personale, ci siamo allontanati da una forma e da una idea di bene che non ha più in sé il germe della virtù della pietas. Cosa posso fare con le persone che girano per la cooperativa? Certo che cerco di inventarmi dei progetti, delle prospettive, non sono così sprovveduto; quando però ci vivo accanto tutto il giorno mi rendo perfettamente  conto che c’è una vicinanza che è solo e semplicemente accogliere i loro vissuti. Il bene vissuto in pienezza richiede di tenere insieme sia l’efficienza che la pietas. Dobbiamo uscire dal puro corrispettivo, per entrare nella dimensione dell’incontro, della relazione. Io non cerco un corrispettivo per quello che faccio, cerco solo un gesto vero che nasce dal mio cuore. E a volte il gesto vero è anche assistenza. Credo che questa è l’esperienza quotidiana dei genitori nei confronti dei figli. E perché non deve essere anche il vissuto di un educatore? Sembra quasi che il lavoro che nasce da una virtù come quella della pietas non è così significativo e quindi meno remunerativo rispetto ad un lavoro efficiente ma che diventa perdente quando si tratta di incontrare l’altro. Io vorrei rimanere educatore a vita. cioè vorrei vivere ogni giorno quel contattato diretto, unico, faticoso, ma entusiasmante che è lo stare in maniera dignitosa e virtuosa con i ragazzi. dove per virtuoso intendo la cura dell’altro, la vicinanza all’altro. La cura di ogni persona è una sorta di bene pubblico, i cui benefici (e costi) vanno ben oltre la sfera interna dei contratti e del mutuo vantaggio. Ma se eliminiamo la categoria di Bene comune, addirittura la banalizziamo e ridicolizziamo, quando andremo a valutare il “contributo marginale” di un’ora di lavoro di cura faremo semplicemente male i conti e diremo che è pura assistenza che non merita un corrispettivo adeguato. Lavoro di serie b. se non cambia questa categoria di pensiero non cambierà nemmeno il mondo in cui viviamo.

Un pensiero su “dignità 3

  1. Dania

    Questa meditazione mi fa pensare a delle mie riflessioni sull’insegnamento di Gesù, passato da “ama il prossimo tuo come te stesso…” a “amatevi come io vi ho amato”. Sembra alle volte tanto difficile già il primo, perché dirlo è una cosa e viverlo è un’altra, in una società che insegna presto ad anteporre te stesso agli altri, quell’io o prima io, che non riesco sempre ad abbandonare ed il secondo ancor più faticoso, oserei dire “folle”, di quella straordinaria follia evangelica, che mette gli altri al primo posto, che ti fa amico di tutti.
    Che il Signore ci aiuti a crescere nell’ amore per le Sue cose, facendoci piccoli come bambini.

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