celebrare

di | 5 Dicembre 2021

Anche celebro fa parte del bagaglio di don Alessandro Dheò. Ed essendo lui un po’ monaco credo che la parte del celebrare è una parte curata e vissuta in profondità. Almeno così penso. Le celebrazioni che ho amato di più sono state quelle della domenica mattina all’Agro con don Roberto con i parenti e con gli amici. Un momento di celebrazione della vita e del mondo, di condivisione e di assemblea comunitaria. Il don Roberto in quell’occasione dava il meglio di sé. E poi la celebrazione domenicale era preparata da un pensiero e lavoro che durava una settimana. Incominciava con il lunedì a far scaricare sul computer le letture della messa per leggerle e meditarle un po’. E poi era interessante perché c’era anche il dopo messa: un buon caffè con una torta portata da qualcuno. Per quanto mi riguarda la parola celebrare è la più ostica di tutta la serie finora commentata, diciamolo non so celebrare. Ho la fortuna di celebrare da più di 20 anni dalle suore poverelle al villaggio Gabrieli. Ma la fortuna è anche dovuta al fatto che dovendo fare anche un piccolo pensiero, questa cosa mi chiede anche solo di prepararmi un attimo. E poi ci sono le celebrazioni in parrocchia. Al riguardo posso dire che quando ero giovane prete amavo molto i segni, le parole, i canti, magari tanti. Dicevo che la celebrazione doveva essere viva. Oggi, crescendo in età, sono diventato più sobrio, meno segni, le parole vanno bene quelle del messale, senza troppi commenti. A proposito, il messale nuovo è una miniera preziosa di preghiere, anche se, secondo me, sottolinea troppo l’aspetto sacramentale e un po’ poco quello di essere chiesa. Oggi per me la celebrazione non deve essere viva, ma deve portar dentro la vita, il mondo, le storie degli uomini e delle donne. Deve essere viva non per i segni, ma perché li dentro c’è il mondo che sto offrendo a Dio. Non sono un esperto di celebrazioni, ma non rinuncio mai al celebrare, fa parte di me, è nel mio dna. Il lockdown ha rimesso in discussione tutto e quindi anche il celebrare dovrà necessariamente passare per vie nuove, che certamente non sono ne la radio ne la televisione e altro simile, questo strumento va bene per il malato. Non so cosa voglia dire celebrare dopo il covid, so che dobbiamo riscoprire che celebrare è essere famiglia e comunità. E visto che siamo di meno come numero, magari si possono pensare soluzioni architettoniche e rituali che danno più il senso della famiglia e meno il senso del mistero.

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