casa comune

di | 13 Giugno 2020

Esiste una casa comune che è il mondo. E più volte abbiamo detto che è da custodire. Ma per fare in modo che tutti possano custodire il creato dobbiamo educarci a questa cosa. Credo che la grande conclusione sul tema del creato è proprio questa: educare. Ma quanti sono quelli che oggi scelgono fino in fondo la via dell’educare, della scuola, della formazione. Io credo che oggi questo fatto del leggere, del capire e del formarsi è tremendamente complicato. Non voglio dire che non c’è più formazione alla casa comune, ma sicuramente è una strada difficile. Vedo anche con i ragazzi che incontro, quanto è difficile leggere e capire. Non tutti sono così, ma sicuramente è un compito difficile. Quanti, nel mondo, pur desiderandolo, non hanno alcun accesso ai libri e alla lettura? Quanti ne hanno dimenticato il piacere?  E quanti invece pur avendo accesso a libri e formazione la considerano una cosa inutile. Anche nel campo della scuola non posso fare a meno di ricordare quante sono le disparità e le disuguaglianze nel mondo. Scrive papa Francesco: «Molte cose devono riorientare la propria rotta, ma prima di tutto è l’umanità che ha bisogno di cambiare. Manca la coscienza di un’origine comune, di una mutua appartenenza e di un futuro condiviso da tutti». Emerge così una grande sfida culturale, spirituale ed educativa che implicherà lunghi processi di rigenerazione». Credo che questa è la grande sfida per il futuro: creare occasioni di educazione, di studio per tutti. Far nascere di nuovo il desiderio di capire e di agire in modo etico. E questa possibilità deve essere per tutti, per chi la scuola già la frequenta e  per chi la sogna. In questa opera di formazione la natura va riportata dentro le nostre città. Io ho la possibilità di frequentare tutti i  giorni un luogo privilegiato come Rosciano che aiuta a stare con il creato, ma quante famiglie che vivono nelle periferie delle città non godono di questi privilegi e la gita domenicale è una corsa tra code e moltitudine di gente. Sempre più spesso, i bambini entrano in contatto con le manifestazioni più apparentemente comuni del mondo naturale – prati, fiori, uccelli, animali da cortile – attraverso riproduzioni, rappresentazioni, spazi di verde urbano ritagliati nelle città o “gite” estemporanee. Per molti di loro, una passeggiata in campagna o in montagna è quasi un viaggio su Marte; a che cosa educarci e formarci allora? Alla conoscenza, alla bellezza e alla meraviglia. Se si vuole che l’integrità del creato sia preservata e che i suoi movimenti siano armoniosi, è l’anima che deve espandersi. E l’anima è conoscenza, è bellezza, è meraviglia.  Prestare attenzione alla bellezza e amarla ci aiuta ad uscire dal pragmatismo che rende tutto solo utilità o scarto.. Quando non si impara a fermarsi ad ammirare ed apprezzare il bello, non è strano che ogni cosa si trasformi in oggetto di uso e abuso senza scrupoli. Non si può educare senza indurre alla bellezza, senza indurre il cuore alla bellezza. Forzando un po’ il discorso, oserei dire che un’educazione non è efficace se non sa creare poeti. Il cammino della bellezza è una sfida che si deve affrontare.

2 pensieri su “casa comune

  1. Miriam

    Mi sento sempre più fortunata, soprattutto di questi tempi, per aver avuto la possibilità di vivere nella periferia di una bella città di provincia. Spesso negli ultimi anni questa realtà di paese è stata denigrata perché non offre molto dal punto di vista dello shopping e delle occasioni di incontro…cosa non del tutto vera perché le occasioni d’incontro ci sono basta frequentare e anche crearsele. La natura che circonda l’abitato è molto bella e rasserena in ogni momento dell’anno. Penso a quando ho fatto la pendolare a Milano per studio: ero affascinata dalla vita frenetica e dalle opportunità che la grande città offriva…ma tornando a casa mi sentivo sicura e serena tra le colline di Bergamo. Credo che ogni bambino di città dovrebbe avere la possibilità di abitare per un po’ di tempo in territori extracittadini e vivere una dimensione più vicina al creato…. toccare con mano la vita della campagna…della montagna… della natura. ..percepire il tempo secondo lo scorrere naturale delle cose… potremmo “correre il rischio” di generare adolescenti più sereni, giovani più capaci di prendersi delle responsabilità e adulti più consapevoli dell’importanza di essere testimoni di una vita più giusta per tutti. Apprezzo veramente i giovani che cercano non senza fatica, di vivere lontano dalle città e scelgono lavori a contatto con la natura.
    La natura è bellezza… quella bellezza che dobbiamo difendere.

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  2. Preghiamo perchè siamo felici di quello che siamo e che abbiamo.

    Pensare alla casa comune per me è ritornare bambina, nel mio paese di Capriolo. Abitavo in campagna senza luce e senza acqua potabile. Senza telefono e senza negozi alla portata di mano. Alcuni kilometri a piedi per andare a scuola, per andare a messa la domenica e la catechismo. In inverno mettere nella cartella di pezza gli zoccoli da mettere in classe quando toglievo gli stivali per la pioggia o la neve. Una casa povera, semplice di contadini mezzadri, la mia, ma pulita, ordinata. Potevo camminare a piedi nudi anche nei campi, nell’orto, nel pollaio. Mangiare seduta sul gradino della scala che portava al piano superiore perché ero l’ultima della famiglia e non ci stavamo tutti attorno alla tavola. E poi la sera il tempo per leggere…con la lampada a petrolio dopo aver recitato il rosario tutti insieme, in ginocchio sulla sedia. E la preoccupazione per la vite, per gli alberi da frutta, per il frumento e il granoturco, per la verdura dell’orto…perché nulla andasse sprecato o pregiudicato dalle intemperie. E poi il pastore cha passava col suo gregge e si fermava a casa nostra per magiare qualcosa o bere un poco di acqua. E i giochi con i ragazzi delle altre cascine( non molto vicine a casa ma comunque raggiungibili per relazioni di amicizia). E poi la corsa in bicicletta al casello ferroviario per prendere un fiasco di acqua potabile che il trenino che andava da Palazzolo a Sarnico lasciava nel pozzo. E la signora Marta ce la dava per niente.E per strada tutti ci sentivamo parte della stessa famiglia umana. Poveri, puliti, dignitosi e felici di appartenere alla famiglia degli uomini. Questo patrimonio è ancora la mia spina dorsale, oggi.

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