bilancio

di | 19 Luglio 2020

Non conosco molto di bilanci. Conosco quello della mia cooperativa che è sempre in bilico tra rosso e verde e grazie al buon Giulio e al buon Filippo alla fine dell’anno tiriamo il fiato. Conosco il bilancio del mio portafoglio che più o meno è la stessa cosa, ma va benissimo così. Oggi ci sono i bilanci sociale, ogni azienda, ente, cooperativa ne deve produrre uno. Il generare in questa sua ultima riflessione mi porta a fare un bilancio. Che cosa metto sulla bilancia. La mia vita. Da una parte gli errori, dall’altra i risultati buoni. Così ci hanno insegnato. E così ho pensato per tanto tempo. Fare un bilancio della vita corrispondeva a darmi un voto. Ho sempre detto a me stesso che un voto non basta mai, va sempre migliorato. Così mi hanno insegnato. Così ci hanno insegnato. Ma allora io nel bilancio della mia vita sono sempre in perdita; io in rosso con la mia vita, il mondo, con la santità. È vero non si arriva mai alla perfezione, dobbiamo sempre migliorarci, ma un bilancio della vita non si può misurare così. Sono sempre in rosso e quando mi guardo e devo raccontarlo agli altri divento rosso di vergogna e quindi alla fine non racconto più niente di me e, secondo questa logica del non basta mai, devo sempre migliorarmi, alla fine non sono mai contento di me. Ma si può fare un bilancio diverso, un bilancio che non richiede sempre di migliorare, un bilancio che finalmente è in positivo?  Generare non deve essere un’impresa epica di perfezionismo e di miglioramenti continui nell’ambito della persona, del lavoro, delle attitudini, della preghiera e via dicendo. La conosco bene la storia dei bilanci e delle verifiche. Su ogni punto che ci viene proposto diciamo qui potevo fare meglio, qui non ho fatto niente, qui potevo impegnarmi di più. Ma che noia un bilancio così. Che fatica e poi siccome le domande di verifica del bilancio sono sempre quelle alla fine rinuncio a fare il bilancio, tanto, mi dico, le storie sono sempre quelle. Ma allora cosa vuol dire fare un bilancio per me, un bilancio sulla mia vita? Come prima cosa mi sono reso conto che devo smettere di darmi i voti e che devo smettere di prendere i voti dagli altri. E poi mi sono accorto che ci sono due elementi che mi permettono un bilancio vero e sereno di me stesso. Questi due elementi mi permettono di dire con serenità che posso cambiare, che posso prendere strade nuove, che posso migliorare, ma non per arrivare al 10 e lode, ma per vivere nella capacità di amare e di essere amato. Il primo elemento io lo chiamo la narrazione. Narro a me stesso, agli altri e a Dio chi sono, che cosa vivo, che cosa faccio, che cosa sbaglio e che cosa faccio di bello. Nel mio bilancio non ci sono più domande a cui rispondere, ma la storia della mia vita narrata come in un romanzo. Nel narrare non mi giudico, non mi condanno, non prendo bei voti o brutti voti;  nel narrare emergere con serenità la verità della mia vita che posso guardare e amare per poi ripartire. Nel narrare emerge non la fatica di non avere fatto tutto bene, ma la scoperta che dentro le righe della narrazione io ce la posso fare. Il secondo elemento io la chiamo la grazia che non giudica. Questo tipo di grazia ti chiede di migliorare, ma lo fa anticipando una cosa: il sostegno per cambiare, il perdono per poter andare avanti. Prima ti perdono, ti sostengo e poi diamoci da fare insieme per migliorare. Invece noi mettiamo insieme gli elementi in un altro modo. Prima riconosci l’errore, poi migliora, poi ti perdono. La grazia invece è anticipata, come atto di fiducia, come atto di invito a camminare sempre. La grazia anticipata è il vero sostegno della mia vita. un anticipo di fiducia, un anticipo di amore, un anticipo di cura. E questa grazia anticipata, questo perdono dato prima in genere viene da Dio Padre e a volte anche dagli amici e fa bene quando Dio e gli amici anticipano la grazia, il dono, la fiducia. volete la conferma di queste mie parole? sentite le Parole di questa parabola che conosciamo tutti: E il figlio gli disse: “Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te: non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. 22 Ma il padre disse ai suoi servi: “Presto, portate qui la veste più bella e rivestitelo, mettetegli un anello al dito e dei calzari ai piedi; 23 portate fuori il vitello ingrassato, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24 perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita; era perduto ed è stato ritrovato”. E si misero a fare gran festa. Un anticipo di grazia che salva il figlio da un bilancio fallimentare.

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