accolgo

di | 3 Dicembre 2021

Altra parola  della presentazione della vita di don Alessandro Dheò: accolgo. Sembra la parola magica dei cristiani. Il cristiano per sua natura deve accogliere, è buono nell’accoglienza, apre la vita, la porta, abbatte i muri, ama il prossimo e accoglie a dismisura fino a perdonare il nemico. Io spero che per il don Alessandro Dheò che scrive sul suo blog possa essere davvero così. Per me, che sono semplice don Sandro o Sandro per gli amici non è così. ma prima di parlare di me voglio raccontare come don Roberto accoglieva. Con naturalezza, ma anche con le sue belle fatiche. Ha avuto anche lui le sue storie faticose quando entrava in relazione con l’altro. Il problema è che lui riusciva in qualche modo a tenere sempre una porta aperta, riusciva a superare le sue fatiche. Diciamo che le dominava e quindi alla fine poteva, se le parti lo volevano, riconciliarsi. Era così: limpido e chiaro nell’accoglienza. Nella parola sacra si considera sacra la parola accoglienza. E l’accoglienza sacra è come sorgente d’acqua nel deserto, come scroscio di pioggia che rende verde per un attimo la terra riarsa. Così immaginavano l’accoglienza gli uomini che scrutavano la parola sacra e che camminavano nel deserto. Era necessità forse, l’accoglienza sacra nell’oasi, per chi camminava nel deserto. Era momento di ristoro, di riposo, di rinvigorimento per riprendere il cammino nell’arido deserto. Per me non è difficile aprire la porta, accogliere, non è difficile rendere sacra la disponibilità all’accoglienza. Ci sono dentro in pieno, ogni giorno. ma poi non è tutto così bello come sembra. Non sono capace di gestire l’accoglienza sul lungo tempo. Nell’accoglienza sono come uno che gareggia sui 100 metri. Forse in questo campo dell’accoglienza sono più veloce di Marcel Jacobs, che mi pare che va abbastanza veloce. Ma il vero uomo accogliente è il maratoneta, colui che resiste nel tempo. Colui che non deteriora i rapporti, colui che non scatta e poi si ferma, colui che non molla mai e che non rovina i rapporti. Ecco io sono il re dello sprinter dell’accoglienza, ma mi areno quando c’è da vivere la maratona dell’accoglienza. E allora non me la sento di scrivere: sono accogliente, scrivo solo ho un cuore grande, ma il cuore grande non basta.

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